«Chi non può vaccinarsi?
Solo un caso su 10 milioni»

Alessandro Fiocchi, responsabile dell’Allergologia del «Bambino Gesù»: «Ecco le tre circostanze che sconsigliano l’accesso al vaccino. Reazioni allergiche? Si stima un episodio su centomila: numeri trascurabili»

Servirebbe un altro vaccino, di questi tempi: quello contro la confusione, contro lo scetticismo, contro le notizie false. Perché si sente e si legge di tutto. E cose normali, se accadono attorno al Covid e ai vaccini, diventano eclatanti. Come le reazioni allergiche, per esempio. Per togliere di mezzo - o almeno provarci - un po’ di confusione abbiamo raccolto il parere scientifico di un grande esperto delle allergie: il professor Alessandro Fiocchi, di Cassano d’Adda, responsabile dell’Unità di Allergologia dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Professor Fiocchi, da ormai qualche settimana nel mondo si sta vaccinando.

Qualche reazione allergica ai vaccini sta suscitando clamore. Ma non è normale?

«E’ normalissimo che accada. Guardiamo i numeri per capire di cosa stiamo parlando. Abbiamo assistito a due casi di reazione anafilattiche nel Regno Unito e 6 casi negli Stati Uniti».

Parliamo del vaccino Pfizer?

«Sì. Questi numeri sono già sufficienti per dare una dimensione al fenomeno delle reazioni anafilattiche. Se normalmente nei vaccini che già conosciamo c’è una reazione su un milione di vaccinati, in questo caso possiamo stimare una reazione ogni centomila vaccinati. La differenza non spaventi: è comunque un numero completamente trascurabile».

Non sufficiente per farci «scappare» dal vaccino, giusto?

«Assolutamente no».

Si conoscono le cause di queste reazioni già analizzate?

«Ci sono studi in corso che potrebbero individuare in due additivi contenuti nel vaccino le cause delle reazioni anafilattiche».

E questa allergia può escludere quanti soggetti dalla vaccinazione?

«Guardi, sta per uscire un “paper” redatto dall’Organizzazione Mondiale di Allergologia che spiega che sono solo 3 i casi in cui la vaccinazione può essere controindicata: allergia al polietilenglicole, che è l’additivo oggetto di studio, una reazione grave pregressa a un altro vaccino basato su Rna, ma sappiamo che sono pochissimi, o una reazione anafilattica alla prima dose del vaccino anti Covid. Si stima che sulla base di queste indicazioni abbiamo 1 soggetto su 10 milioni che preventivamente non può essere soggetto a vaccinazione». In sostanza non esistono, o quasi, condizioni preventive che ostacolino la vaccinazione. «Esattamente».

Poi ci sono i casi che stanno suscitando clamore. Come chi si è scoperto positivo dopo il vaccino.

«Ma queste sono cose che accadono in normalità: se un soggetto viene in contatto col virus prima di essersi vaccinato, ovviamente si positivizza. Vede, con questa epidemia ci siamo scoperti a dover ridire delle cose che sono totalmente ovvie, perché accadono per tutti i virus. Eppure, per il Covid le dobbiamo ripetere e ribadire. E’ ovvio che un vaccino possa causare una reazione allergica».

In taluni desta sospetto persino il modulo per il consenso.

«Modulo che si firma per qualsiasi cosa, quasi pure per un bicchiere d’acqua. Che poi persino l’acqua può andarti di traverso...».

Professore, i bambini non si stanno ammalando in questo inverno. Nemmeno i classici malanni di stagione. Ma quindi la scuola quanto incide nella circolazione del virus?

«Che non si ammalino è un bene, assolutamente. Quanto a scuole e asili, sono comunità umane, e nelle comunità umane il virus trova il suo spazio ideale. Nell’aprire e chiudere il “rubinetto” della circolazione credo che vada valutata l’importanza della scuola come luogo privilegiato, data la sua importanza per l’educazione dei nostri bambini».

Ma osservando i nostri bambini c’è qualche segnale che può indurci il timore che abbiano contratto il Covid?

«In una piccola parte abbiamo osservato sintomi specifici come le manifestazioni cutanee chiamate sindrome di kawasaki e i geloni. Per ora abbiamo queste evidenze: in caso di manifestazione di questi sintomi possiamo temere che il nostro bambino abbia o abbia avuto il Covid».

Tornando al vaccino, può determinare in chi è stato sottoposto qualche forma di malattia Covid?

«Assolutamente no. Nessuno dei vaccini in via di sviluppo e soprattutto nessuno di quelli già arrivati o in arrivo in Italia sono sviluppati su virus vivente attenuato. Pertanto non possono causare nessuna forma nemmeno attenuata di malattia, ma non possono determinare una immunità duratura».

I vaccini per il Covid renderanno il paziente sieroconvertito, cioè munito di anticorpi?

«Per il momento sembra improbabile. Chi ha gli anticorpi è sicuro di avere avuto una infezione, ma non è ancora chiaro se le vaccinazioni porteranno ad una sieroconversione. In altre parole, chi ha anticorpi ai test sierologici ha avuto la malattia. Chi è stato vaccinato probabilmente non avrà anticorpi tracciabili».

E invece chi ha già avuto la malattia, deve fare la vaccinazione?

«Poiché tutte le malattie virali determinano immunità perenne per quel ceppo, in nessuna di esse è raccomandata una vaccinazione a chi ha già avuto la malattia. L’immunità da malattia è robusta, persistente, e certamente più completa di quella ottenibile con qualsiasi vaccinazione. Tuttavia, se si vaccina una persona già immune non la si espone a particolari rischi. Si tratta di un’operazione con ogni probabilità solo inutile».

Ma quindi, qual è l’efficacia della vaccinazione?

«La vaccinazione, per quanto ad oggi pubblicato nei preparati valutati, riduce del 95% la probabilità di polmonite grave e di altre complicazioni».

Si fa un gran parlare della variante inglese Il vaccino ci proteggerà anche da quella?

«Il SARS CoV-2, come tutti i coronavirus, ha una variabilità genetica assai limitata. Pertanto, anche se sono molte le mutazioni sequenziate, il loro comportamento per il momento è piuttosto simile e pare che sia l’avvenuta malattia sia il vaccino possano proteggere da tutte le varianti note».

Al di là delle reazioni allergiche di cui abbiamo già parlato, quali sono gli altri effetti collaterali che si possono verificare con la vaccinazione?

«Sono gli effetti medesimi che si possono vedere per altre vaccinazioni, le quali per agire richiedono l’impiego di un adiuvante. Infiammazioni nella sede dell’inoculo, febbricola e uno stato di malessere di qualche giorno possono essere le conseguenze che si trovano in una piccola minoranza di pazienti vaccinati. Come dicevamo, non sono al momento registrati effetti collaterali di gravità significativa».

Quante dosi servono per essere immunizzati?

«Per quasi tutti i vaccini vicini all’autorizzazione al momento sono previste due dosi a distanza di qualche settimana».

Sappiamo che i bambini non possono vaccinarsi. Abbiamo speranze di arrivarci anche per loro?

«Nei ragazzi al di sotto dei 16 anni gli studi sono ancora preliminari e non sappiamo qual è l’efficacia della vaccinazione. Si tratta della fascia di popolazione per la quale la necessità individuale di vaccinazione è minore. Ulteriori studi saranno necessari per definire questa opportunità, quindi per il momento bisogna concentrare le forze sulla vaccinazione per gli anziani e degli adulti».

Una volta fatto il vaccino, qual è la durata dell’immunità vaccinale?

«Questa risposta in realtà non l’abbiamo, perché i tempi sono ancora immaturi per poterla dare. E’ molto probabile che chi fa la vaccinazione dovrà rivaccinarsi periodicamente. Viceversa, chi ha fatto la malattia godrà come in tutte le malattie virali di una immunità robusta e persistente».

Chi fa la vaccinazione, resta esente anche dal pericolo di contagiare gli altri?

«In tutte le malattie virali, la cosiddetta immunità sterilizzante, cioè la capacità di non contrarre più neppure lievi infezioni, e quindi la impossibilità di trasmetterle ai propri contatti, viene ottenuta dall’immunità naturale. Vaccinazioni come quelle studiate per il SARS CoV-2 non producono un’immunità naturale, ma un’immunità “artificiale” ottenuta montando l’antigene su supporti di varia immunogenicità. Non è garantito, ed anzi è poco probabile, che si possa ottenere una immunità sterilizzante attraverso la vaccinazione. Fino a prova contraria, quindi, chi è vaccinato non deve essere considerato esente dal pericolo di divenire vettore della malattia. La sostanza è che ci si vaccina per proteggersi, per difendere se stessi e, se contratto il virus, non finire in rianimazione».

Quindi anche vaccinandosi occorrerà proseguire con mascherina e distanziamento?

«Sì. Poiché l’immunità ottenuta attraverso la vaccinazione non è una immunità sterilizzante, sarà necessario mantenere fino al termine della pandemia le precauzioni per la prevenzione delle malattie trasmissibili. Perché non ci ammaleremo grazie al vaccino, ma anche da vaccinati, è bene ripeterlo, potremmo essere contagiosi».

Dottore, di questi tempi siamo tutti diventati esperti delle diverse case farmaceutiche. Si fa quasi il tifo per una marca o l’altra «Al momento non ci sono studi di confronto tra i diversi vaccini, ma efficacia ed effetti collaterali per quanto riguarda i dati pubblicati sono sovrapponibili. Per i nostri anziani, e per tutti, quindi, chi non ha avuto la malattia alla prima opportunità va raccomandato caldamente di eseguire la vaccinazione, in modo tale da essere nella migliore posizione per ogni sviluppo futuro».

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