Cronaca / Bergamo Città
Sabato 29 Luglio 2017
Charlie addio, è volato dagli angeli
I genitori:«Veramente orgogliosi di te»
Il decesso in un hospice una volta staccate le macchine che lo tenevano in vita. Vano l’appello del Papa. Aveva 11 mesi. Giudicato inguaribile per una malattia rara. Il caso al centro di una disputa giudiziaria in Inghilterra. Chris Gard e Connie Yates, i genitori di Charlie: la loro battaglia ha commosso il mondo.
Il piccolo Charlie Gard è morto. Il bambino inglese affetto da una malattia mitocondriale degenerativa incurabile, divenuto un caso internazionale, ha smesso di respirare ieri poco dopo essere entrato in un centro assistito per bambini malati terminali. «Il nostro splendido bambino se n’è andato. Siamo veramente orgogliosi di Charlie», ha annunciato la madre Connie Yates in esclusiva al Daily Mail, giornale che ha seguito con grande coinvolgimento emotivo la tormentata quanto mediatica causa legale trascinatasi dolorosamente per mesi.
La brevissima vita di Charlie, durata appena 11 mesi, era tutta appesa alle macchine che lo facevano respirare e dalle quali non poteva separarsi: macchine che non potevano essere trasferite nella piccola casa del West End di Londra dove Connie e Chris Gard speravano di poterlo tenere prima della morte, né in un hospice. Ed è su questo punto che si è arrovellato l’ultimo atto della vicenda, consumatosi tutto nell’aula dell’Alta Corte di Londra davanti al giudice Nicholas Francis.
Con il Great Ormond Street Hospital, l’ospedale pediatrico londinese dov’era ricoverato da mesi, che insisteva che solo nelle proprie strutture il piccolo poteva essere tenuto in vita e assistito perché soffrisse il meno possibile, e l’inconciliabile posizione dei genitori che, ormai rassegnati a vederlo morire, avrebbero voluto accompagnarlo, circondandolo del loro amore, lontani dal clamore, nel silenzio domestico, fino al momento in cui lo avrebbero affidato «agli angeli».
Chris e Connie avevano anche accettato l’idea di ricoverarlo in un hospice per malati terminali, purché questa sistemazione garantisse un poco di «tranquillità», lontano dai clamori «senza ospedali, giudici, avvocati, tribunali o giornalisti». Forse nella speranza che lì potesse essere tenuto in vita, ancora per un po’. In mancanza di un accordo con la controparte, cioè l’ospedale, la decisione è stata presa dall’Alta Corte.
Doccia fredda da Strasburgo
Ma l’ultima decisione dei giudici è stata solo la conclusione formale di una causa che i genitori avevano già perso in primavera, quando la stessa Alta Corte, dopo vari gradi di giudizio, in aprile stabilì che Charlie, non essendo curabile, andava lasciato morire «con dignità» perché qualunque terapia ne avrebbe solo prolungato le sofferenze: sentenza accettata il mese scorso anche dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.
Una sentenza che tagliò l’opinione pubblica britannica, mondiale e anche italiana, come un coltello rovente sul discrimine dolente dell’etica e del diritto alla vita. Per i difensori del principio della vita, la decisione era drastica e crudele e calpestava anche i diritti dei genitori, che in quel periodo stavano tentando di ottenere il permesso di portare il bebè negli Stati Uniti per sottoporlo a costose terapie sperimentali. Per farlo, sull’onda della solidarietà internazionale che erano riusciti ad alzare, Connie e Chris lanciarono una colletta alla quale aderirono 83.000 persone, riuscendo a raccogliere 1,3 milioni di sterline.
L’ultima speranza dagli States
Una speranza durata lo spazio di qualche settimana, che fruttò l’arrivo a Londra di uno specialista, Michio Hirano, che stava sperimentando una cura alla Columbia University di New York. Nel frattempo era intervenuto anche Donald Trump e il Congresso Usa aveva concesso a Charlie con un emendamento la cittadinanza americana, mentre si faceva avanti l’ospedale Bambino Gesù di Roma. E Papa Francesco lanciava l’appello per la «difesa della vita umana... un impegno d’amore che Dio affida a ogni uomo».
Poi la doccia fredda: sentite le parti e gli specialisti (fra cui Hirano), l’Alta Corte ha decretato che le cure sperimentali erano ormai inutili, perché troppo tardive rispetto allo stadio raggiunto dal morbo. Ospedale, casa o hospice, era chiaro che Charlie non sarebbe arrivato al suo primo compleanno, come dissero solo cinque giorni fa mamma e papà, accettando di lasciarlo andare perché «stia con gli angeli».
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