Caso Ultrà, Belotti «torna in campo»
Presentato il ricorso in Cassazione dal pm

La partita si riapre. Anzi non si è mai chiusa. Il pm Carmen Pugliese ha presentato un ricorso in Cassazione contro la sentenza che ha prosciolto Daniele Belotti nel caso ultrà.

Il pm ha chiesto così alla Cassazione di annullare la sentenza del gup Ezia Maccora dopo la quale il politico elghista e tifosissimo dell’Atalanta aveva pubblicato sul suo profilo Facebook un selfie davanti al Tribunale, con un cartello tra le mani: «Atalanta-Roma 3-1».

Daniele Belotti aveva chiuso la vicenda giudiziaria a modo suo, con una battuta a sfondo calcistico: «Tre sentenze a favore dell’atalantino Belotti, solo una per la pm Carmen Pugliese, nota per la sua fede giallorossa». E triplice fischio finale. Ma ora la partita si riapre con la Cassazione che impiegherà però qualche mese a decidere.

Lo scorso 21 gennaio in Tribunale, il giudice dell’udienza preliminare Ezia Maccora aveva infatti pronunciato una sentenza di non luogo a procedere «per non aver commesso il fatto» nei confronti dell’attuale segretario provinciale della Lega, che era accusato di concorso esterno nella presunta associazione per delinquere per cui il capo ultrà Claudio «Bocia» Galimberti e cinque suoi fedelissimi sono stati rinviati a giudizio (il processo inizierà il 20 aprile).

Il pm Carmen Pugliese aveva chiesto il processo anche per Belotti, ma il gup ha deciso per il proscioglimento, dopo un’attività istruttoria supplementare passata attraverso le testimonianze in udienza di una serie di ex questori e prefetti, che hanno sostanzialmente supportato la tesi difensiva di Belotti.

Secondo l’accusa, l’esponente del Carroccio (e storico frequentatore della Curva Nord) sarebbe stato una sorta di eminenza grigia degli ultrà, ideologo e consigliere del leader Galimberti. Lo testimoniavano – secondo la Procura – le intercettazioni raccolte nel corso delle indagini, fra il 2010 e il 2011. Su di lui pesavano in particolare due episodi: un volantino della tifoseria contro l’allora questore Matteo Turillo, che sarebbe stato redatto dallo stesso Belotti, e il consiglio telefonico al Bocia di andare a manifestare fuori dalla questura, dopo l’arresto di un esponente di spicco della curva.

Difeso dall’avvocato Marco Saita, Belotti si è sempre difeso sostenendo di aver svolto il ruolo di pompiere nei confronti degli ultrà e di mediatore verso le istituzioni, «su richiesta stessa di questori e prefetti». In quest’ottica il volantino contro Turillo e la manifestazione in via Noli andavano intesi – per la difesa – come tentativi di ridurre a sole proteste verbali, rumorose ma pacifiche, quelle che, invece, nelle intenzioni di partenza degli ultrà, rischiavano di trasformarsi in minacce per l’ordine pubblico.

In aula davanti al gup solo l’ex questore Matteo Turillo ha riferito di rapporti gelidi, mentre gli ex questori Salvatore Longo, Dario Rotondi ed Enzo Ricciardi hanno sostanzialmente confermato gli incontri con Belotti nella veste di mediatore, così come l’ex prefetto Cono Federico.

L’ipotesi di concorso esterno è stata ritenuta insussistente per Belotti tre volte: dal gip Alberto Viti nel 2011, dal gup Patrizia Ingrascì nel 2014 e, ieri, dal gup Ezia Maccora, chiamata a pronunciarsi dopo che il pm Carmen Pugliese aveva ottenuto in Cassazione l’annullamento della sentenza Ingrascì (ecco spiegata la metafora del «3-1»).

Guai giudiziari finiti per Belotti? A quanto pare no con il pm che è ricorsa di nuovo alla Suprema Corte: «Aspetto di leggere le motivazioni della sentenza, poi deciderò», aveva detto a fine gennaio Carmen Pugliese. E così è stato. Ora il match si riapre. Palla al centro.

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