«Caregiver, uno su 4 ha sacrificato il lavoro»

L’INDAGINE. Il 26% di chi assiste un familiare ha dovuto ridurre l’orario, il 7,8% ha rinunciato alla professione. Sale l’età media: a Bergamo è di 60 anni.

Si possono quasi definire «caregiver nonni», nel senso che la loro età media si è elevata intorno ai 60 anni e accudiscono contemporaneamente genitori, figli e nipoti, in una dinamica che coinvolge tre generazioni. Sono sempre più sotto pressione, vulnerabili e gravati dal carico di assistenza verso le persone malate, anziane o in difficoltà all’interno della propria famiglia. I caregiver familiari, persone che si prendono cura di un parente fragile, sono almeno 380mila in Lombardia e si sentono abbandonati al loro destino, reclamano una maggiore responsabilità delle istituzioni pubbliche nella cura degli anziani fragili e chiedono, in sostanza, più servizi e supporti invece di semplici contributi monetari.

La situazione

La fotografia sulla situazione dei caregiver lombardi è contenuta nel report di Over (Osservatorio vulnerabilità e resilienza), nato dall’alleanza tra le Acli (Associazione cristiana lavoratori italiani) della Lombardia e gli enti di ricerca Irs (Istituto per la ricerca sociale) e Ars (Associazione per la ricerca sociale). Il rapporto, illustrato in un convegno a Milano, restituisce un quadro interessante con un’indagine su quasi 2mila utenti del patronato Acli della Lombardia che tra il 2021 e il 2022 hanno fatto domanda di prestazioni di invalidità civile, con riferimento all’indennità di accompagnamento e un’attenzione specifica alle prestazioni richieste per anziani ultra 65enni.

Sui 1.863 caregiver che hanno risposto al questionario, 178 sono residenti nella Bergamasca (9,6%), in cui si stimano oltre 240mila anziani over 65enni (12,1%) su un totale di 2 milioni e 300mila in Lombardia. Il 56% del campione è occupato (3 lavoratori su 4 hanno un impiego a tempo pieno) e quasi un terzo è in pensione (31%).

C’è chi lascia il lavoro

Il 26,5% ha ridotto gli orari di lavoro per prestare assistenza, il 7,8% ha lasciato il lavoro definitivamente e il 4,6% temporaneamente. Il 56% dichiara di aver sacrificato il proprio tempo libero e il 30% il tempo dedicato ad altri familiari. «Stiamo attraversando anni di cambiamenti profondi, trasformazioni e processi che, anche nella ricca Lombardia, spesso determinano un aumento delle fragilità, disuguaglianze e rischio di vulnerabilità per una crescente parte di cittadini – ha sottolineato Martino Troncatti, presidente di Acli Lombardia –. In sette casi su dieci il caregiver è donna e nel 65% dei casi il carico di cura è condiviso con altri familiari, un dato inferiore rispetto a precedenti ricerche svolte in Lombardia, dove la condivisione raggiungeva una media dell’88%, un segnale di quanto le famiglie si stiano assottigliando con una rete di aiuti che si restringe, acuendo gli elementi di vulnerabilità dei caregiver».

Il carico sui figli

«Nella grande maggioranza dei casi (75%) l’attività di cura in Lombardia è svolta dai figli dell’anziano, mentre nell’11% dei casi sono i coniugi o il partner a prestare assistenza e solo nel 14% dei casi si tratta di altre figure familiari (nuore o generi, nipoti o fratelli/sorelle) o di persone esterne alla famiglia, ulteriori elementi di pressione e fragilità», hanno evidenziato Francesca Pozzoli e Sergio Pasquinelli, curatori del rapporto Over sui caregiver. L’età media dei caregiver in Lombardia è di 59 anni (60 a Bergamo), mentre quella dell’assistito è di 81 anni (78 a Bergamo). Più di otto anziani su dieci non sono in grado di uscire da soli e il ruolo dei caregiver si estrinseca non solo nelle mura di casa, ma anche nel mondo esterno, con un aumento del tempo impiegato per il disbrigo di pratiche burocratiche per il familiare (72%), fare la spesa e altre commissioni (66%), accompagnamento dal dottore (65%), lavori domestici (62%), cura e igiene personale (60%). Il presidente di Fondazione Cariplo, Giovanni Fosti, invita a una riflessione: «Questi numeri ci dicono che bisogna reagire alle diseguaglianze con una visione strategica, mettendo al centro i servizi e le risorse in una logica di connessione. Perché così si decide il Paese che vogliamo costruire». Il 70% dei caregiver presta aiuto all’anziano tutti i giorni, mentre un quarto svolge assistenza due o tre volte alla settimana. Il 46% dei caregiver apprezzerebbe un sostegno alla gestione della propria casa e rispetto al tema dei servizi pubblici si evidenziano delle criticità: il 52% degli anziani assistiti usufruisce di servizi privati a pagamento, il 27% riceve assistenza dall’Asl, l’8,6% dai volontari, il 7% dal Comune. Più che una scelta, quindi, i servizi a pagamento si rivelano un’opzione obbligata, rendendo nella pratica sempre più sfumata la definizione di caregiver familiare, contenuta nella legge regionale 23 del 2022, secondo cui il caregiver è «un soggetto volontario che integrandosi con i servizi sociali, sociosanitari e sanitari, contribuisce al benessere psico-fisico della persona assistita, assistendola e supportandola nella cura in ambiente domestico, nelle relazioni di comunità, nella mobilità e nella gestione delle pratiche amministrative».

Federica Tripletti (Spi Cgil Lombardia) ha evidenziato che «62mila persone si sono rivolte nell’ultimo anno agli sportelli sociali in Lombardia e il lavoro non protegge dal rischio di povertà. L’eccessiva frammentazione degli interventi di supporto alle famiglie ne pregiudica l’efficacia. Tuttavia non serve un welfare caritatevole, ma una logica redistributiva». Il report di Over evidenzia come l’87% degli intervistati vorrebbe maggiori informazioni sulle possibilità offerte dal territorio, ribaltando il forte disinteresse documentato in ricerche lombarde effettuate prima del 2020. Ad essere interessato a un aiuto per le attività quotidiane di assistenza è il 74% degli intervistati e, tra questi, quasi la metà (47%) apprezzerebbe aiuti sotto forma di assistenza domiciliare in favore degli anziani accuditi, mentre il 39% aiuti di tipo economico.

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