Campania, traffico illecito di rifiuti
Perquisizioni anche a Bergamo

Una organizzazione che predisponeva pluralità di falsi documenti di trasporto e falsi certificati di analisi

I militari del Comando carabinieri per la tutela dell’ambiente e della polizia metropolitana di Napoli, in collaborazione con i militari del Comando provinciale carabinieri di Napoli stanno dando esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Napoli. Sono ancora in corso numerose perquisizioni presso società ed impianti in altre zone del territorio nazionale ed in particolare a Isola delle Femmine, Catania, San Severo, Grosseto, Matera e Bergamo.

L’indagine ha consentito di raccogliere gravi elementi di reità in ordine all’esistenza nel territorio di Giugliano in Campania, di Quarto e di altre aree limitrofe di un consolidato sistema, a cui hanno aderito a vario titolo imprenditori e professionisti, dedito alla commissione di una pluralità di reati di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti attraverso la predisposizione di falsi documenti di trasporto e falsi certificati di analisi, e che hanno permesso lo smaltimento illecito nella cava San Severino e la cava Neos di Giugliano in Campania di oltre 250.000 tonnellate di rifiuti, così da garantire un ingiusto profitto di alcuni milioni di euro derivante dal non sopportare i costi dovuti per lo smaltimento dei rifiuti presso i siti autorizzati. Alla luce degli elementi emersi nel corso delle indagini, risultano indagate 39 persone.

Secondo le indagini del Corpo di Polizia della Città metropolitana di Napoli, coordinate dal Comandante Lucia Rea, e dagli uomini del Maggiore del Noe, Marco Ciervo, la gestione illegale dei rifiuti avveniva attraverso diverse condotte: dalla ricezione e miscelazione illecita dei materiali alla mancanza di macchinari idonei, dalle irregolarità sistematiche nella tenuta dei registri di carico e scarico alla mancanza di valide analisi e accertamenti chimici sui rifiuti. Condotte «gravi», sempre secondo gli investigatori, che avrebbero «evidenziato un concreto danno per l’ambiente».

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