Cronaca / Bergamo Città
Giovedì 01 Febbraio 2018
Bollette del telefono, continua la guerra
Troppa confusione, ecco come districarsi
Non accennano a diminuire i comportamenti minacciosi delle compagnie telefoniche nei confronti dei clienti, molti dei quali si sono visti recapitare solleciti di pagamento per fatture non saldate e presunti addebiti insoluti.
Numerosi consumatori si sono rivolti a Adiconsum, e per l’Associazione di categoria ha avviato reclami e contestazioni: anche l’Antitrust ha aperto tre istruttorie nei confronti di Wind Tre, Tim e Vodafone Italia, che ora hanno tempo fino al 12 febbraio per rispondere alla richiesta di informazioni dell’Autorità.
Insomma, la confusione regna ancora sovrana nel campo delle telecomunicazioni, dopo la decisione del governo di impedire la fatturazione a 28 giorni: le compagnie più note stanno cercando di «recuperare» il più possibile, arrivando anche a minacciare i presunti debitori, «in caso di mancato pagamento, dell’iscrizione alla banca dati dei morosi SIMoITel», realtà peraltro non ancora attiva, al fine di indurli a pagare anche eventuali addebiti arbitrari.
«I principali operatori telefonici – racconta Mina Busi, presidente di Adiconsum Bergamo – rischiano una nuova sanzione dall’Antitrust per aver inviato ai propri utenti solleciti di pagamento per fatture non saldate, e in alcuni casi neanche ricevute. Nella nota con cui comunica l’avvio del procedimento, l’Antitrust ricorda che SIMoITel è una banca dati, ancora non operativa, cui partecipano i principali operatori di telecomunicazione, finalizzata esclusivamente alla “prevenzione delle morosità intenzionali della clientela titolare di contratti per la fornitura di servizi di telefonia fissa e mobile post-pagata”. L’Antitrust contesta dunque agli operatori di telefonia Wind Tre, Telecom e Vodafone l’invio di solleciti di pagamento con la minaccia di iscrizione dei clienti, presunti morosi, a questa banca dati “ad oggi non ancora legalmente operativa».
Se il cliente moroso intenzionale viene iscritto in tale banca dati, la conseguenza è rappresentata sostanzialmente dall’impossibilità di stipulare contratti di telefonia con gli altri operatori che partecipano al sistema. «Ma l’iscrizione – continua Busi –, è possibile solo se si verificano contemporaneamente i seguenti presupposti: recesso dal contratto ad iniziativa di una delle parti esercitato da non meno di tre mesi; importo insoluto per ogni singolo operatore di non meno di 150 euro; presenza di fatture non pagate nei primi sei mesi successivi alla stipula del contratto; assenza di altri rapporti contrattuali post-pagati, attivi e regolari nei pagamenti con lo stesso operatore; assenza di formali reclami/contestazioni, istanze di conciliazioni o di definizione di controversie dinanzi agli organi competenti inoltrate dal cliente. Con solleciti perentori come quelli inviati dalle aziende, invece, il consumatore verrebbe indotto a pagare indipendentemente dalla legittimità dell’addebito che gli viene contestato, proprio per evitare l’iscrizione a una banca dati che gli impedirebbe poi di fare contratti con altri operatori».
«Ci lascia alquanto perplessi il perdurare di comportamenti minacciosi verso la clientela in un momento peraltro ancora alquanto nebuloso sul rientro alle mensilità imposte dalla legge, che gli operatori stanno applicando in modo “creativo” con informazioni fuorvianti, perché di fatto si sta applicando un aumento annuo dell’8,6%». Gli operatori non chiariscono nelle loro comunicazioni che le modifiche riguardano non solo la periodicità dei rinnovi contrattuali e della fatturazione, ma anche il corrispettivo. Di fatto mettono in atto pratiche commerciali scorrette con un’ informativa ingannevole quando si dice che la «spesa complessiva annuale non cambia». Inoltre – conclude la presidente di Adiconsum – è in atto una sorta di “cartello” che rende estremamente complicato per il consumatore cambiare operatore perché tutti applicano queste modalità. Verrebbe da dire: fatta la legge trovato l’inganno! La solita storia».
© RIPRODUZIONE RISERVATA