Cronaca / Bergamo Città
Giovedì 11 Giugno 2020
Bergamo, il ministro ringrazia l’Università
«Presidio dello Stato nella pandemia»
La presentazione del rapporto Almalaurea avrebbe dovuto svolgersi a Bergamo. «Orgoglio del sistema universitario in un momento tragico».
In 15 anni le università italiane hanno perso ben 37 mila matricole, facendo registrare con contrazione del 11,2%. Il calo delle immatricolazioni è più accentuato nelle aree meridionali (-23,6%), tra i diplomati tecnici e professionali e tra coloro che provengono dai contesti familiari meno favoriti. È vero che dal 2014 c’è stata una ripresa delle immatricolazioni ma il lockdown rischia di far precipitare nuovamente il numero degli iscritti negli atenei italiani. E il lockdown rischia anche di avere pesanti ripercussioni per il futuro lavorativo dei neolaureati: nei primi mesi del 2020 il tasso di occupazione, a un anno dal conseguimento della laurea, è pari al 65% tra i laureati di primo livello e al 70,1% tra quelli di secondo livello: rispetto alla rilevazione del 2019, entrambe le quote sono in calo, rispettivamente,-9 e -1,6 punti percentuali.
Uno spaccato del mondo universitario arriva dal Rapporto AlmaLaurea 2020 che è stato presentato giovedì 11 giugno, presenti il Ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi, e per AlmalLurea, il presidente, professor Ivano Dionigi, il direttore professoressa Marina Timoteo e, in collegamento, Remo Morzenti Pellegrini, rettore dell’Università di Bergamo. Il rischio che la pandemia blocchi la ripresa è stato sottolineato da vari interventi ed è mostrato anche dal calo delle richieste di curricula.
La presentazione, avvenuta in streaming dalla sede del Ministero dell’Università e della Ricerca alla presenza del Ministro Gaetano Manfredi, ha visto la partecipazione da remoto anche di Remo Morzenti Pellegrini, Rettore dell’Università degli studi di Bergamo, in quanto l’evento si sarebbe dovuto svolgere il 4 giugno nel capoluogo orobico. Proprio verso l’Università di Bergamo il Ministro Manfredi ha espresso la sua solidarietà ringraziando per il ruolo che l’ateneo ha svolto come «presidio dello Stato» sul territorio in un momento tragico, rappresentando l’orgoglio del sistema universitario italiano.
Il report evidenzia, fino allo scorso anno, un miglioramento del tasso di occupazione (74,1% tra i laureati di primo livello e al 71,7% tra i laureati di secondo livello) e delle retribuzioni (+16,7% per i laureati di primo livello, +18,4% per quelli di secondo livello rispetto al 2014) anche se con un mercato del lavoro ancora molto fragile. Soprattutto vengono ribadite - anche nella condizione occupazionale - le tradizionali differenze di genere e, soprattutto, territoriali, mostrando la migliore collocazione degli uomini (+19,2% di probabilità in più di essere occupati rispetto alle donne) e di quanti risiedono o hanno studiato al Nord: per quanto riguarda la residenza, +40% di probabilità di essere occupati rispetto a quanti risiedono al Sud. Il Sud inoltre perde quasi un quarto dei diplomati del proprio territorio: i laureati del Centro rimangono nella stessa ripartizione geografica nell’87,4% dei casi; del restante 12,6% la maggioranza (ossia il 9,9%) ha optato per atenei del Nord. Ma per i giovani del Sud e delle Isole il fenomeno migratorio assume, invece, proporzioni considerevoli: il 26,5% decide di conseguire la laurea in atenei del Centro e del Nord, ripartendosi equamente tra le due destinazioni. Un aspetto interessante riguarda i laureati provenienti dall’estero: oltre il 90% sceglie un ateneo del Centro-Nord.
Posto a cento il numero di laureati che hanno conseguito il diploma in ciascuna delle tre ripartizioni, il saldo migratorio è dunque pari a +21,9% al Nord, a +19,8% al Centro e a -24,3% al Sud. Un dato positivo è che diminuisce l’età media alla laurea, di oltre un anno rispetto al passato: per i laureati del 2019 è pari a 25,8 anni: 24,6 anni per i laureati di primo livello, 27,1 per i magistrali a ciclo unico e 27,3 anni per i laureati magistrali biennali. Inoltre, se dieci anni fa a terminare gli studi con quattro o più anni fuori corso erano 15,8 laureati su cento, oggi si sono quasi dimezzati (8,1%). E tuttavia il Rapporto registra differenze rilevanti con riferimento alla ripartizione geografica dell’ateneo: a parità di condizioni, rispetto a chi si laurea al Nord, chi ottiene il titolo al Centro impiega il 12,5% in più e chi si laurea al Sud o nelle Isole addirittura il 19,8% in più.
Quasi la metà laureati pronti è pronta ad andare all’estero pur di trovare un’occupazione e quasi un terzo addirittura in un altro continente. La quota di laureati di cittadinanza estera è del 3,7% nel 2019 ed è in crescita. Anche questo report conferma che il contesto familiare ha un forte impatto sulle opportunità di completare il percorso di istruzione universitaria: fra i laureati, infatti, c’è una sovra-rappresentazione dei giovani provenienti da ambienti familiari favoriti dal punto di vista socio-culturale. I giovani sono comunque soddisfatti dell’esperienza universitaria appena conclusa: risponde così circa il 90,1% del campione intervistato.
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