Cronaca / Bergamo Città
Lunedì 29 Giugno 2020
«Bergamo ha sofferto
e io ho pianto con voi»
L’intervista al fondatore del Sermig (Servizio missionario giovani) ha scritto la poesia scolpita sulla lapide in ricordo delle vittime e svelata domenica sera durante la cerimonia al cimitero Monumentale alla presenza del Presidente Sergio Mattarella.
Tu ci sei, amico di ogni amico che muore a Bergamo, in Lombardia, in ogni parte del nostro tormentato paese». È uno dei passaggi più toccanti della preghiera in poesia che Ernesto Olivero ha donato a Bergamo, incisa sulla lapide svelata ieri sera al cimitero monumentale in ricordo delle vittime del coronavirus.
Il fondatore del Sermig, cittadino onorario dal 2015, ha composto questi versi nei giorni più tragici per questa terra, quando nelle strade si stagliava la colonna dei camion militari arrivati in città per trasportare le salme di centinaia di bergamaschi morti a causa del Covid-19. La poesia, letta da una giovane volontaria del Sermig, rimarrà per sempre nel marmo della lastra scoperta ieri sera alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un momento tra i più intensi di una cerimonia storica per la provincia di Bergamo, la più colpita dall’epidemia. La lapide è libro aperto sulle cui pagine sono idealmente scritti i nomi di tutte le persone che ci hanno lasciato in questi mesi. Seimila. Nonni, mamme, papà, figli, amici cari.
La preghiera scritta da Olivero prima di ieri sera era già risuonata all’interno del cimitero monumentale: ha accompagnato il ritorno delle salme durante la veglia di Venerdì Santo in cui il vescovo Francesco Beschi ha pregato per «tutti noi, sgomenti e ammutoliti». Una preghiera a cui ieri sera si è unita tutta Italia, in diretta su Rai Uno per il Requiem di Donizetti. Un momento di grande emozione per lo stesso Olivero. Dalla gioia delle migliaia di ragazze e ragazzi che l’anno scorso in centro a Bergamo hanno partecipato all’appuntamento dei Giovani per la pace, alle lacrime degli ultimi mesi.
È difficile per chiunque trovare le parole per descrivere quello che è successo. Olivero le ha trovate: «Mi sono messo nei panni della povera gente bergamasca che ha perso mamma e papà. È stato un attimo. Sono contento di averla donata alla città che mi ha adottato e che ha sofferto molto in questi mesi. Ho pianto insieme a voi». E per spiegare cosa significa mettersi nei panni degli altri racconta di Nicola, «un giovane che era malato di Aids e stava morendo. Gli avevano dato 15 giorni di vita Il giudice di sorveglianza del carcere mi telefonò chiedendo di ospitarlo nei suoi ultimi giorni di vita e pensare al suo funerale. Quando lo vidi per la prima volta mi dissi: se io fossi Nicola come vorrei che Ernesto mi trattasse? Io gli dissi: perché non smetti di drogarti? Non ti lasceremo solo.
È vissuto 22 anni. Ecco cosa vuol dire mettersi nei panni degli altri». Per il fondatore del Sermig la cerimonia è stata ancor più emozionante perché lì, di fronte al presidente Mattarella, ha ricordato questi mesi così intensi anche per l’Arsenale della Pace di Torino. «A febbraio nessuno poteva immaginare quello che sarebbe successo. In moltissimi ci consigliavano di chiudere l’Arsenale. Noi ci siamo chiesti: e questa povera gente dove andrà? Abbiamo deciso di tenere aperto. E così abbiamo accolto 1.300 persone. Siccome la preghiera si deve coniugare con la scienza sono stati fatti controlli e nessuno di noi si è ammalato». Nell’Arsenale della Pace c’è una scritta: la bontà è disarmante. «La bontà deve essere anche operativa, altrimenti si fa della retorica. Anche in questa epidemia abbiamo capito che dovevamo essere disponibili ad aiutare la gente. Tutti i magazzini sono stati svuotati. Ed è stato di una bontà disarmante vedere la gente di Torino che ce li ha riempiti di nuovo. Ora dobbiamo continuare a stare molto attenti, ad applicare le regole. Speriamo che questo male finisca presto».
Domenica sera Olivero ha potuto incontrare ancora una volta il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Con il presidente in questi anni è nato un rapporto meraviglioso. Basta uno sguardo e ci capiamo. Dobbiamo essere riconoscenti a questo uomo che sta mettendo in condizione l’Italia di essere un paese attento ai problemi. Lui con la sua presenza incoraggia tutti far diventare l’Italia un paese migliore. Perché lui ci crede e ne è testimone».
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