Cronaca / Bergamo Città
Lunedì 04 Maggio 2020
Bergamo e la fase 2: non è «liberi tutti»
Al lavoro, ma con regole precise
Possono riaprire le aziende chiuse dal lockdown. Distanziamenti e protezioni per ridurre i rischi. E certificati per i guariti.
La Bergamo che riparte è comparsa all’alba di oggi alla guida di furgoni bianchi delle aziende edili. Nei cancelli delle fabbriche tessili e nelle porte degli studi professionali che riaprono dopo quasi due mesi di chiusura totale. 48 mila aziende bergamasche e 137 mila lavoratori hanno atteso la fase 2, la prima prudente boccata d’ossigeno per cercare di recuperare il terreno perso a causa del coronavirus. Non tutte hanno avuto il via libera da parte del governo. Da oggi riaccendono i motori le attività manifatturiere, il tessile, il commercio all’ingrosso. Tutto il settore delle costruzioni. E non solo: anche i comparti metallurgico, legno, gomma, chimico. Non ultimi, gli studi professionali.
In tutta Italia, secondo uno studio Inail, sono 4,5 milioni le persone che torneranno al lavoro. 950 mila solo in Lombardia. E in Bergamasca? La stima è proibitiva perché nelle ultime settimane molte aziende hanno già riaperto grazie comunicazione della deroga per attività «essenziali» e soprattutto perché l’inizio della fase 2 non significa «liberi tutti». È indispensabile rispettare una serie di disposizioni studiate per evitare un nuovo rischio contagio dopo l’ondata che ha travolto la provincia di Bergamo da fine febbraio. Tutte le misure sono contenute nel protocollo per la sicurezza nei luoghi di lavoro concordato a livello nazionale il 14 marzo e nel documento integrativo territoriale firmato a Bergamo da associazioni imprenditoriali del manifatturiero, sindacati e Agenzia di tutela della salute. Uno dei punti più importanti riguarda l’utilizzo delle mascherine che sarà «obbligatorio a distanze inferiori al metro».
In assenza di dispositivi di protezione si dovrà impedire il contatto tra i lavoratori. Per questo motivo molte aziende bergamasche hanno studiato una ripartizione dei turni per consentire entrata e uscita a scaglioni ed evitare assembramenti. Chi ha più di 37,5 gradi di temperatura corporea non potrà accedere alle aziende ed è invitato a contattare il medico. I lavoratori positivi al Covid-19 devono portare un certificato da cui risulti l’«avvenuta negativizzazione del tampone».
I rischi di contagio non mancano, come dimostrano i dati pubblicati dal documento presentato da Regione Lombardia e intitolato «Progettiamo la nuova normalità»: in provincia di Bergamo il 45% delle aziende è a rischio medio, il 2% ad alto rischio e il 53% «basso». Percentuali molto simili a tutte le altre province lombarde.
Con l’inizio della fase 2 tornano al lavoro anche molti commercianti: cartolerie, librerie e negozi che vendono vestiti per neonati e bambini, fioristi. Cadono le restrizioni per i distributori h 24 di generi alimentari che quindi potranno offrire tutto e non solo acqua, latte e prodotti farmaceutici e parafarmaceutici. Possibilità d’apertura per servizi bancari e assicurativi, attività alberghiere, attività per riparazione e vendita di computer, telefoni ed elettrodomestici, articoli per illuminazione, ferramenta, vernici, materiale elettrico termoidraulico e apparecchiature fotografiche. Tutti gli altri dovranno attendere il 18 maggio.
Le attività di bar, pub, ristoranti, gelaterie e pasticcerie invece rimangono sospese fino all’1 giugno, ad esclusione delle mense, che garantiscono la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro. Le attività di ristorazione potranno effettuare vendita da asporto e di consegna a domicilio. Il consumo non deve avvenire all’interno del locale, né al suo esterno devono formarsi assembramenti in cui non si rispetta la distanza fra le persone. Debutta anche il «servizio di asporto fatto in auto», che il governo ha chiamato drive through, cioè la possibilità di consegnare nell’automobile del cliente.
Gli effetti della riapertura, sperando che siano positivi, si potranno vedere già dai prossimi giorni. Il governo studierà con attenzione i dati epidemiologici da cui dipendono le possibili riaperture delle prossime settimane.
© RIPRODUZIONE RISERVATA