Cronaca / Bergamo Città
Martedì 22 Settembre 2020
Al Papa Giovanni uno storico traguardo
Il trapianto di cuore numero 1.000
È stato eseguito sabato mattina al Papa Giovanni XXIII il trapianto di cuore numero 1.000 della storia dell’Ospedale di Bergamo. L’intervento ha un forte valore simbolico: a distanza di 35 anni dal primo trapianto di cuore è la conferma della lunga storia dell’ospedale di Bergamo in ambito cardiovascolare.
Il millesimo trapiantato è un bergamasco di 63 anni, affetto da una miocardiopatia primitiva che causava uno scompenso cardiaco ormai refrattario alla terapia medica. Aspettava un cuore nuove da luglio 2019.
L’intervento è iniziato alle 6 del mattino di sabato 19 settembre e si è concluso alle 10.30. Il paziente si trova ora nella Terapia intensiva cardiochirurgica diretta da Luca Lorini in buone condizioni e il decorso post operatorio è regolare. Nei prossimi giorni verrà trasferito nel reparto di Cardiochirurgia, diretto da Maurizio Merlo, dove proseguirà le cure prima di iniziare la riabilitazione.
In sala operatoria c’erano, come primo operatore, Amedeo Terzi, responsabile della Chirurgia dei trapianti del Papa Giovanni XXIII, affiancato dai cardiochirurghi Samuele Bichi, Caterina Simon e Laura Scarpa, dagli anestesisti Viviana Macchitelli e Lidia Rota Sperti, dalle strumentiste Elisabetta Salvi e Francesca Lazzaroni - quest’ultima presente anche al primo trapianto di cuore nel novembre del 1985 - dagli infermieri Roberto Mazzotta e Angelo Sechi, dai tecnici della perfusione Vincenzo Bruno e Silvia Viscardi e dagli OSS Silvia Sibella e Nicola Carratù. Al prelievo dell’organo hanno invece partecipato la cardiochirurga Caterina Simon e la coordinatrice infermieristica Maria Berardelli.
«Sabato, come mille altre volta prima, quando il cuore trapiantato ha cominciato a battere nel petto del paziente abbiamo applaudito. Solo questa volta con più decisione e anche un po’ di emozione perché sapevamo che il traguardo raggiunto è particolarmente significativo per il nostro ospedale – ha commentato Amedeo Terzi -. Oggi, 35 anni dopo l’avvio del programma a Bergamo, il trapianto di cuore continua ad essere una risposta importante, spesso l’unica, a gravi problemi cardiaci che non trovano soluzioni in altre terapie. In più però possiamo contare sull’esperienza che abbiamo accumulato e sulla possibilità di ricorrere a farmaci e tecnologie prima impensabili, come l’assistenza ventricolare, il cosiddetto cuore artificiale, che permette ad alcuni pazienti in gravi condizioni di poter arrivare al trapianto».
Stando alle statistiche più recenti elaborate dal Centro Nazionale Trapianti, l’Ospedale di Bergamo figura al quinto posto in Italia per numero di trapianti di cuore eseguiti (20 interventi nel 2019). Per quanto riguarda i trapianti di cuore sui bambini il Papa Giovanni XXIII è al primo posto tra gli Ospedali pubblici abilitati (73 i casi eseguiti dal 2000 al 2019). Una casistica così elevata - associata all’estrema varietà e difficoltà dei casi affrontati - si traduce in risultati migliori a beneficio dei pazienti. All’Ospedale di Bergamo infatti il tasso di sopravvivenza di un trapiantato di cuore a un anno di distanza dall’intervento è dell’83,2%, dato superiore alla media nazionale (81,5%). Ancor più significativa la sopravvivenza a cinque anni: 77,3% contro una media nazionale del 72,8%.
Una professionalità, quella dell’equipe dei trapianti, che nasce da lontano e che si è rinnovata negli anni, diventando un tutt’uno con la storia stessa dell’Ospedale di Bergamo. Era la notte del 23 novembre del 1985 quando un giovane cardiochirurgo, Paolo Ferrazzi - oggi Primario emerito dell’Ospedale di Bergamo dopo averne diretto la Cardiochirurgia e il Dipartimento cardiovascolare per 14 anni -, eseguì il primo trapianto di cuore degli ex Ospedali Riuniti, il terzo in Italia. A donare il cuore, Emanuela Brambilla, morta in un incidente stradale. A riceverlo Roberto Failoni, quarantottenne di Romano di Lombardia, affetto da dieci anni da una grave e irreversibile cardiopatia. A loro sono dedicate le due strade che abbracciano il Papa Giovanni XXIII, congiungendosi. È la testimonianza simbolica, e drammatica, del legame indissolubile tra un gesto di generosità dopo la morte e la realizzazione di una speranza. Una morte che dà nuova vita. Anche all’Ospedale di Bergamo perché quella notte ha segnato la storia, il destino e l’identità del centro bergamasco.
«Da quella notte del novembre del 1985 molta strada è stata fatta. Il trapianto di cuore è stato il primo trapianto di organo che ha aperto la strada agli altri e Bergamo è diventato il primo ospedale in Italia in grado di eseguire qualsiasi tipo di trapianto, si tratti di interventi neonatali, pediatrici o su pazienti adulti – ha spiegato Michele Colledan, direttore del Dipartimento Insufficienza d’organo e trapianti e figura che ha portato Bergamo tra i migliori centri trapianti del mondo -. Ma la chirurgia dei trapianti ci ha consentito anche di introdurre innovazioni fondamentali nella chirurgia maggiore. Le conoscenze e le capacità organizzative che abbiamo acquisito con i trapianti hanno consentito a Bergamo di diventare un grande ospedale, con tutte le specialità, e una vocazione pediatrica unica in Italia».
«Non sono molti gli ospedali in Italia che possono avvalersi di tanta esperienza e competenza nell’attività di trapianto. Si tratta di un’attività estremamente complessa – prosegue Francesco Ferri, coordinatore al prelievo e trapianto -. Lavoriamo sul filo dei minuti. Tutto deve funzionare alla perfezione: dal prelievo dell’organo al suo trasporto qui a Bergamo, dalle fasi di preparazione dell’organo e del paziente fino all’intervento vero e proprio. Ma il risultato di questa macchina organizzativa non ha eguali. Molti pazienti parlano del giorno del trapianto come di una vera e propria rinascita, di una seconda vita, che inizia dal gesto di generosità delle famiglie che scelgono la donazione degli organi quando la medicina nulla può più fare per il proprio caro. Una scelta di civiltà che a Bergamo è parte integrante della nostra cultura, che però va coltivata ed estesa alle nuove generazioni».
«Oggi celebriamo una tappa significativa di un lungo cammino - ha commentato Michele Senni, direttore del Dipartimento Cardiovascolare e dell’Unità di Cardiologia del Papa Giovanni -. 35 anni fa il programma trapianti fu avviato a Bergamo dal pioniere della cardiochirurgia pediatrica italiana Lucio Parenzan. Un maestro per me e per tutti i colleghi che hanno avuto la fortuna di imparare da lui e l’onore di crescere professionalmente grazie ai suoi insegnamenti. Il trapianto è un’opportunità che nasce anzitutto dalla generosità di chi ha scelto di donare dopo la morte. Noi facciamo la nostra parte grazie ad attrezzature tecnologiche all’avanguardia, una spinta continua a studiare per migliorare e affinare le tecniche e un’attenzione costante al follow up dei pazienti, con il lavoro di Attilio Iacovoni, che ha raccolto l’eredità di Roberto Fiocchi, che ci ha lasciato prematuramente proprio due anni fa, e degli altri cardiologi del centro trapianti di cuore».
«Seguiamo i pazienti durante tutto il percorso che inizia molto prima del trapianto vero e proprio – ha spiegato Attilio Iaconovi -. Li prendiamo per mano come figli, per tutta la durata di un viaggio straordinario, fatto di momenti anche molto difficili, ma tutti importanti per riuscire a convivere con un cuore nuovo, che va tutelato e rispettato al massimo, perché frutto di un gesto di estrema generosità da parte di qualcuno che non ce l’ha fatta».
Con Attilio Iacovoni lavorano anche i cardiologi Roberta Sebastiani, Claudia Vittori e Emilia D’Elia e gli infermieri Emanuela Radavelli, Chiara Colleoni e Anna Bergamini. A loro è affidato il compito di eseguire la valutazione pre trapianto, inserire i pazienti idonei al trapianto in lista d’attesa, seguirli durante l’attesa e per tutta la vita dopo il trapianto. «Essere un ospedale che esegue trapianti di cuore richiede disciplina e un grande affiatamento tra tutto il personale coinvolto, come in una grande orchestra – ha aggiunto Senni -. Voglio per questo ringraziare tutti coloro che con la propria professionalità hanno consentito al nostro centro di diventare un punto di riferimento nel campo dei trapianti».
A 35 anni dal primo trapianto di cuore, il Centro di Bergamo trova la sua forza nel contesto multidisciplinare di un grande Ospedale generalista, con specializzazione pediatrica e orientato alla ricerca. Un valore aggiunto che permette al Papa Giovanni XXIII di prendersi cura di tutte le condizioni patologiche cardiovascolari del neonato, del bambino e dell’adulto, ponendosi come unica realtà italiana, insieme a Bologna, in grado di trattare pazienti di tutte l’età, conferendo al Centro trapianti di cuore di Bergamo anche un profilo di primo piano nel panorama internazionale.
«Il traguardo appena raggiunto è una pietra miliare della nostra attività e rende onore alla storia dell’Ospedale di Bergamo. Non sono molti i Centri in Italia che possono avvalersi di una simile esperienza e competenza. È un grande lavoro di squadra quello che è stato portato avanti in questi anni: un impegno che vede chirurghi e operatori sanitari in prima linea a gestire operazioni estremamente complesse e che non è mai venuto meno neanche nei giorni più duri dell’emergenza Covid» ha dichiarato Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell’ASST Papa Giovanni XXIII.
«In tanti anni di lavoro prima ai Riuniti e poi al Papa Giovanni ho visto crescere casistica e competenze che sempre più vedono tra le nostre eccellenze le attività di trapianto, comprese quelle in assoluto tecnicamente più complesse - ha commentato Fabio Pezzoli, direttore sanitario del Papa Giovanni XXIII -. Il millesimo trapianto è oggi uno stimolo per continuare a fare sempre di più e meglio per salvare la vita a centinaia di persone ogni anno»
© RIPRODUZIONE RISERVATA