Ha portato le sue calze nel mondo
Spirano piange Mario Bresciani
Aveva fatto il tecnico in diversi calzifici della Lombardia, aveva iniziato a 15 anni a mettere le mani tra i fili, a far calzini, colorati e preziosi.
Poi, grazie alla sua tenacia e al suo spirito creativo, di uomo che mai si abbatteva davanti alle difficoltà, aveva lasciato la Gallo di Desenzano dove si era fatto le ossa, ed era tornato nel suo paese, nella Spirano in cui era cresciuto e che ha amato tanto da creare sul territorio l’ azienda di famiglia, dando lavoro e avviando una rete sociale in cui credeva molto.
Mario Bresciani se lo è portato via il coronavirus nelle prime ore di ieri mattina. Aveva 79 anni: da giovedì scorso era ricoverato all’ ospedale di Zignonia dopo i primi sintomi comparsi una settimana prima. Lascia nel dolore la moglie Graziella e i figli Massimiliano e Fabio, i nipoti e tutti i dipendenti del Calzificio Bresciani che aveva creato con passione e spirito imprenditoriale nel 1970.
L’ azienda, che produce per il mondo della moda e ha una sua etichetta di alta qualità dal 1980, è portata avanti dai figli Massimiliano e Fabio, ma Mario fino a qualche anno fa è sempre stato attivo, figura presente a dar consigli in mezzo alle sue operaie intente a rimagliare, a creare quelle calze che nel mondo indossano capi di Stato e celebrities internazionali.
Un’ azienda a carattere familiare che ha sempre puntato sull’ artigianalità e sul territorio: «Mio padre credeva in Spirano - racconta commosso Massimiliano -. Ha sempre voluto dare lavoro alla sua gente, credeva nella socialità, nel fare gruppo». Anche per questo motivo era stato negli anni Novanta presidente della squadra di calcio Asperiam: «Credeva nella funzione educativa del calcio sui ragazzi, diceva che lo sport aiutava i giovani a stare al mondo». E lui il mondo lo aveva conosciuto con il suo spirito di uomo pieno di inventiva e di coraggio: «Era un ottimista: con la valigia di cartone e le sue calze fatte a mano era andato negli Stati Uniti nei primi anni Ottanta. Non sapeva una parola di inglese, ma aveva il prodotto che parlava per lui, la storia della sua azienda, la qualità delle materie prime e l’ attenzione ai dettagli di eccellenza.
È stato un pioniere nelle relazioni, un uomo di marketing.
Così ha portato la sua azienda in tutto il mondo». Facendo sempre squadra, promotore di fiere e manifestazioni che spingessero il made in Italy nel mondo: «È stato vicepresidente del gruppo Tessili di Confindustria Bergamo nei primi anni del Duemila, socio attivo di Sistema Moda Italia, una decina di anni fa è stato nominato Cavaliere della Repubblica».
Con un insegnamento che i figli non dimenticheranno: «Diceva sempre di continuare a lavorare, molto e con passione: secondo lui bisogna sempre andare avanti e credere in quello che si fa, senza abbattersi e cercando una soluzione».
Innamorato della sua azienda e della sua famiglia: «Ha sempre amato le tradizioni - ricorda ancora Massimiliano -, in particolare la festa di San Rocco a Spirano: i fuochi d’ artificio del 15 agosto lo commuovevano». Poi un sorriso, che Mario avrebbe voluto, quando raccontava un aneddoto che spiega il suo spirito d’ iniziativa: «Era a Los Angeles, nel suo primo viaggio in America. Al ristorante, al tavolo vicino, c’ era l’ attore comico Walter Matthau: - racconta Massimiliano -. Mio padre non sapeva una parola d’ inglese, ma riuscì a farsi dare l’ indirizzo di casa.
La mattina dopo era fuori dalla porta a consegnargli le sue calze». Che ancora oggi il mondo di Hollywood ama e indossa.
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