"AstraZeneca deve recuperare sui suoi ritardi con gli Stati membri prima di potersi impegnare di nuovo nell'esportazione di vaccini". Le parole della presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, al termine della videoconferenza dei 27 non lasciano spazio ad equivoci: l'azienda anglo-svedese è nell'angolo.
Dopo i tagli, i ritardi ed i giochi di prestigio dei mesi scorsi, la casa farmaceutica dovrà rispettare i patti, perché ora l'Unione si è attrezzata con le armi per difendersi. A partire dal meccanismo di autorizzazione all'export, che nella sua ultima versione rafforzata, seppur col richiamo alle cautele da parte di alcuni, ha riscosso il consenso generale.
E nella "mobilitazione" generale "per accelerare sulla produzione e la distribuzione delle dosi", evidenziata dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, con il collegamento del presidente degli Stati Uniti Joe Biden si sono gettate le basi per collaborare sul fronte della distribuzione globale di vaccini anti-Covid. Thierry Breton e la sua task force sono poi in contatto con l'amministrazione statunitense "per garantire gli approvvigionamenti necessari per produrre più dosi", ha spiegato Michel.
"L'Ue e gli Stati Uniti sono grandi produttori di vaccini e abbiamo un forte interesse a lavorare uniti per fare in modo che le catene di approvvigionamento funzionino e prepararci alle prossime sfide della pandemia in un'era di pandemie", ha commentato Von der Leyen.
Un incontro che non ha portato ad annunci clamorosi da parte di Biden come sperava qualcuno ma che comunque apre prospettive future ad un'Unione piegata dalla terza ondata della pandemia, frustrata dai tagli e dai ritardi di AstraZeneca, ma determinata comunque a centrare l'obiettivo del 70% di immunizzazioni entro fine estate.
Il pressing di Mario Draghi, Emmanuel Macron, e Angela Merkel, tra autocritica e fermezza, è stato incalzante. E la cancelliera tedesca, come già annunciato nei giorni scorsi, ha sostenuto anche la possibilità che Bruxelles avvii discussioni per valutare la fattibilità di includere lo Sputnik V nella strategia dell'Unione in attesa che l'Ema valuti la sicurezza e l'efficacia del siero. "L'accelerazione della produzione, della consegna e della diffusione" dei vaccini, è stato ribadito nella dichiarazione finale della videoconferenza, resta essenziale per superare la crisi", ma è altrettanto importante che le "aziende garantiscano la prevedibilità della loro produzione e rispettino le scadenze contrattuali di consegna", hanno insistito i leader, riferendosi principalmente ad AstraZeneca, che delle 120 milioni di dosi previste dal contratto per il primo trimestre, poi ridotte a 30 milioni, a oggi ne ha distribuite solo 18 milioni.
A meno di una settimana dalla fine di marzo latitano ancora 12 milioni, ovvero quanto manca a completare la fornitura di 100 milioni di sieri, secondo la presentazione della presidente della Von der Leyen, ora pronta a giocare anche la carta delle vie legali. Entro la fine di marzo la distribuzione di vaccini nell'Ue salirà a 88 milioni, mentre ne sono stati inoculati 62, per un totale di 18,2 milioni di europei che hanno ricevuto le due iniezioni, ovvero il 4,1% del totale dei cittadini dell'Ue. Ancora decisamente troppo poco.
Il secondo trimestre promette di essere migliore, con 360 milioni di dosi previste in consegna, delle quali 200 da Pfizer. Ma il dato che colpisce sono anche i 77 milioni di immunizzanti esportati dall'Ue da dicembre a oggi, di questi ben 21 milioni verso il Regno Unito. Soprattutto sieri di Pfizer, ma anche oltre un milione di shot di AstraZeneca, trasferiti dall'Unione tra dicembre e gennaio, prima dell'entrata in vigore del meccanismo di autorizzazione all'export. Uno strumento rafforzato dalla Commissione per aver più margine di manovra a difesa degli approvvigionamenti per gli europei e fermare i 'furbetti' dei vaccini. Un'iniziativa che, nonostante alcune preoccupazioni espresse da qualche leader, ha avuto sostegno, sebbene con appelli alla cautela e la richiesta che la Commissione europea faccia consultazioni prima di varare misure contro aziende e Stati.
Ad ogni modo, ha tagliato corto Von der Leyen, "le dosi prodotte in Ue saranno destinate all'Ue". Il primo bersaglio potrebbe essere il Regno Unito, con cui Bruxelles continua a trattare sulla base di un impegno a trovare soluzioni, che tuttavia sulle questioni sostanziali della produzione di AstraZeneca ancora non si trovano. Tanto più dopo le parole perentorie del ministro della Sanità britannico Matt Hancock: il contratto firmato in anticipo mesi fa da Londra con AstraZeneca ha maggior peso legale di quello sottoscritto più tardi dall'Ue, ha affermato.
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