Europa
Venerdì 08 Ottobre 2021
L’Europa punta a un’alleanza di volenterosi contro il caro-prezzi del gas
BRUXELLES -Un'alleanza di volenterosi contro la crisi energetica e il rincaro dei prezzi del gas. L'Unione Europa punta a fare un passo avanti decisivo nel mese di ottobre su un dossier che non allarma solo il governo italiano e che, nelle stime che circolano a Bruxelles, è destinato a restare "caldo" fino alla prossima primavera. I leader europei ne hanno parlato alla cena informale organizzata nel castello di Brdo, in Slovenia, prima del vertice con gli omologhi dei Balcani occidentali. La settimana prossima, invece, la Commissione europea presenterà la sua Toolbox (la gamma di strumenti per far fronte al caro bollette) per fornire delle linee guida sulle misure. Il Consiglio europeo del 21 e 22 ottobre, infine, potrebbe delineare una prima risposta.
Il tema è delicato, anche perché i Paesi Ue finora si sono mossi in ordine sparso. E allora Bruxelles potrebbe virare su un'azione volontaria, quella di un accordo che punti a mettere da parte riserve strategiche di gas con l'obiettivo di calmierare i prezzi. Il punto, ben chiaro ai vertici dell'esecutivo europeo, è che l'Ue non può muoversi su questa crisi alla stessa maniera che sui vaccini. In primis perché arrivare a un allineamento delle posizioni degli Stati membri, a dispetto di quanto avvenuto sul Covid, è quasi impossibile. E poi c'è un dato: i contratti energetici non sono appannaggio di attori pubblici ma vengono conclusi da aziende private. Un approccio realmente europeo, spiegano a Bruxelles fonti che si occupano del dossier, ha una strada lunga davanti a sé, destinata a concludersi non prima del 2023. Così come non è percorribile, da qui ai prossimi mesi, la strada della modifica del regolamento europeo nel settore energetico. Eppure "I prezzi dell'elettricità sono alti a causa dei prezzi del gas e dobbiamo esaminare la possibilità di separare questi due elementi all'interno del mercato perché abbiamo un'energia molto più economica, come ad esempio le rinnovabili", ha evidenziato la presidente della commissione Ursula von der Leyen che punta a 'disaccoppiare' il corso dei prezzi dell'elettricità da quelli del gas. "Dobbiamo esaminare la possibilità di separarli all'interno del mercato perché abbiamo un'energia molto più economica, come ad esempio le rinnovabili", ha spiegato.
Per rispondere ad una situazione straordinaria, secondo chi ha dimestichezza con il dossier, è la via della volontarietà ad essere più percorribile, quella che porta ad un'intesa tra Paesi per acquistare e stoccare gas con la possibilità di metterlo sul mercato in caso di nuove crisi. L'effetto sarebbe quello di calmierare rapidamente i prezzi del metano, e quindi anche dell'elettricità. "Per il gas dipendiamo per il 90% dalle importazioni e per il petrolio per il 97%, siamo quindi molto dipendenti dai fornitori esterni", ha puntualizzato von der Leyen.
Certo, gli effetti della crisi energetica non sono stati unitari in Europa. I Paesi membri che hanno riserve energetiche di gas sono circa 14. In Italia, invece, la fiammata dei prezzi di elettricità e benzina non si ferma. La Spagna non naviga in acque migliori e non a caso Madrid come anche Parigi sono i più ferrei fautori di un acquisto collettivo europeo per lo stoccaggio di gas. Proposta che piace all'Italia ma non ai Paesi del Nord, più attenti alla soluzione delle rinnovabili e meno in emergenza.
Il presidente Vladimir Putin ha assicurato che la Russia è un fornitore "affidabile e rispetta gli impegni presi": Gazprom - ha aggiunto - non ha mai rifiutato di aumentare le forniture di gas ai proprio clienti, "se richiesto". E quindi anche all'Europa. Parole che sono riuscite a fermare il rally dei prezzi del gas, saliti in soli due giorni fino al 60%. L'apertura di Mosca a un intervento per allentare le tensioni sui prezzi del gas non spazza comunque le preoccupazioni sull'andamento dell'inflazione. Il caro energia infatti sta contribuendo in modo deciso al balzo dei prezzi al consumo, facendo tremare le banche centrali spaventate dal pericolo che il loro "incubo peggiore", ovvero il mix crescita lenta-corsa dell'inflazione, diventi realtà. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, i prezzi resteranno alti nei prossimi mesi prima di tornare ai livelli pre-pandemia a metà del 2022. La previsione del Fmi certifica così la tesi delle maggiori banche centrali sul fatto che l'inflazione alta è un fenomeno transitorio dovuto a problemi alle forniture e ai colli di bottiglie nelle catene di approvvigionamento. Proprio sugli istituti centrali è acceso il faro degli investitori, con una particolare attenzione alla Fed che dovrebbe avviare già in novembre il processo della riduzione degli acquisti di asset, iniziando così a voltare pagina rispetto alle misure straordinarie messe in campo per la pandemia. Ma sulla Fed pesano non poche incertezze al di là dell'andamento dei prezzi. C'è il nodo della presidenza della banca centrale americana: non è infatti ancora chiaro se Jerome Powell verrà confermato o meno per un secondo mandato. I democratici progressisti, con la senatrice Elizabeth Warren in prima fila, premono affinché venga sostituito perché "pericoloso" e inadeguato. Joe Biden non si è ancora pronunciato ma, secondo indiscrezioni, il presidente americano ha fiducia in Powell. E poi c'è a più breve termine il nodo tutto politico dell'aumento del tetto del debito. Dopo settimane di impasse, la proposta del leader dei repubblicani in Senato Mitch McConnell sembra aprire la strada a un'intesa che, quantomeno, rinvia al 30 novembre il tetto del debito, sminando il rischio di un default il 18 ottobre, il termine ultimo per un'azione da parte del Congresso.
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