Cosa dice la sentenza della Corte Ue sui Paesi sicuri

Ecco la pronuncia del 4 ottobre richiamata dal Tribunale di Roma

La giurisprudenza sul tema della protezione internazionale, ovvero il diritto all'asilo, è vasta e complessa. La Corte di Giustizia Ue - con la sentenza del 4 ottobre scorso richiamata oggi dai giudici di Roma - è intervenuta su richiesta di un tribunale della Repubblica Ceca, dove un cittadino moldavo (identificato come CV) aveva presentato domanda di protezione. La richiesta era stata rifiutata e ne era nato un ricorso; la Corte regionale di Brno ha sottoposto allora alla Corte Ue diverse questioni "concernenti l'interpretazione della direttiva recante le procedure comuni sulla materia".

Ebbene. La Corte del Lussemburgo ha stabilito alcuni principi. Intanto il diritto dell'Unione non consente attualmente agli Stati membri di designare come Paese sicuro "solo una parte del territorio del Paese terzo interessato". Nella fattispecie, le autorità ceche avevano ritenuto la Moldavia "sicura" ad eccezione della Transnistria. "I criteri che consentono di designare un Paese terzo come di origine sicura devono, infatti, essere rispettati in tutto il suo territorio", recita la sentenza.

La Corte Ue ha ritenuto poi che il fatto che un Paese terzo "deroghi agli obblighi derivanti dalla Corte dei Diritti Umani (Cedu)" non esclude che questo possa essere designato come sicuro ma, allo stesso tempo, le autorità degli Stati membri "devono valutare se le condizioni di attuazione del diritto di deroga siano atte a mettere in discussione tale designazione".

Infine, il giudice nazionale "chiamato a verificare la legittimità di una decisione amministrativa in materia di protezione internazionale deve rilevare d'ufficio, nell'ambito dell'esame completo, una violazione delle norme del diritto dell'Unione relative alla designazione di Paesi di origine sicuri".

La presidente del Tribunale Ordinario di Roma, nel motivare la decisione dei magistrati, ha citato la sentenza della Corte Ue come base giuridica e ha notato che "il diniego" della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi è dovuto "all'impossibilità di riconoscere come 'Paesi sicuri' gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell'inapplicabilità della procedura di frontiera".
Come previsto dunque dallo stesso Protocollo Italia-Albania, i migranti in questione - provenienti da Bangladesh ed Egitto - devono essere trasferiti fuori dal territorio albanese e portati in Italia.   

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