(di Irene Giuntella) - BRUXELLES - "In Italia c'è l'emergenza per il coronavirus che ci fa pensare a mesi di lacrime e sangue" e per questo "sul web gli artisti cercano di trovare modi per essere riconosciuti come categoria in difficoltà". E' questo il messaggio lanciato da Massimo Ghiacci, bassista dei Modena City Ramblers, in un'intervista all'ANSA. "Oggi il coltello dalla parte del manico - secondo Ghiacci - ce l'hanno Google e Spotify. Forse a livello europeo c'è adesso una maggiore sensibilità, ma occorre vedere quanto si tradurrà in leggi effettivamente pensate per i musicisti, per i loro bisogni reali e come verranno recepite nella legislazione italiana" le disposizioni contenute nella direttiva Ue sul copyright approvata lo scorso anno. Le norme prevedono da parte dei giganti del web, come Google, YouTube e Facebook, la remunerazione agli editori e agli autori dei contenuti condivisi sulle proprie piattaforme.
I Modena City Ramblers sono un gruppo che lavora su musica tradizionale, famosa la loro versione di 'Bella Ciao'. "Il nostro arrangiamento ha avuto un certo di riscontro e la cantiamo da oltre trent'anni. Di diritti potremmo averne generati ma non ne abbiamo goduto" spiegano. "Si deve capire come venga tutelata l'opera non solo nel senso di scrittura originale, per quanto poi oggi è difficile considerare originale un brano che spesso cita altre canzoni, ma si deve pensare anche al riconoscimento dell'arrangiamento dell'opera". Aspetti che secondo i Modena in Italia fino a pochi anni fa non venivano presi in considerazione, mentre all'estero trovavano tutela.
"Si è ancora lontani dal riconoscimento economico del lavoro di un musicista. Noi ci siamo trovati con la possibilità di campare di musica, ma siamo disillusi, diamo per scontato che come musicisti nell'ambito rock e musica leggera, non contiamo nulla, non c'è interesse su questi temi a livello popolare, vent'anni fa anche i politici raccontavano tranquillamente di ascoltare musica in cassette piratate e per loro era una cosa normalissima come per gran parte della gente".
Ora si è passati allo streaming online. "Sicuramente genera del reddito ma non lo porta a chi veramente fa musica, si raccolgono poche briciole". Per Ghiacci il vero pericolo non viene solo dai grandi colossi come YouTube "perché è la piattaforma dove il mondo d'oggi fa passare la musica. Ma bisognerebbe capire come si possa concretizzare in un minimo di riconoscimento per chi è titolare di questa musica. Il diritto d'autore penso sia l'unica via".
Per gli artisti di musica rock sono ancora troppo pochi i riconoscimenti di contributi pensionistici. "Per gli orchestrali anche le prove sono considerate giornate lavorative, per noi no. C'è il diritto d'autore, ma gli aspetti legati al lavoro della musica sono molto più ampi e non vengono ancora presi in considerazione con leggi ad hoc" conclude Ghiacci.
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