Amici con la coda
Lunedì 03 Dicembre 2012
Dominanza nel cane?
Un mito da sfatare
Il termine «dominanza» è diventata un fuoco di controversia e fermento emozionale negli ultimi anni, in campo etologico-comportamentale. Quando si parla di comportamento del cane alcuni tendono ad utilizzare questo termine con sicurezza mentre altri lo evitano del tutto o utilizzando differenti sinonimi.
Il termine «dominanza» è diventata un fuoco di controversia e fermento emozionale negli ultimi anni, in campo etologico-comportamentale. Quando si parla di comportamento del cane alcuni tendono ad utilizzare questo termine con sicurezza mentre altri lo evitano del tutto o utilizzando differenti sinonimi.
Ci sono diverse opinioni sull'importanza della dominanza nel mondo canino e soprattutto sulla rilevanza che la dominanza può avere nelle modificazioni comportamentali. Questo articolo riguarderà la relazione tra dominanza ed aggressività, il significato della dominanza nella relazione tra i cani ed il ruolo che la dominanza può eventualmente avere nella relazione tra cane e uomo. Al termine «dominanza» vengono dati una serie di significati diversi: gli etologi lo usano spesso con un significato differente rispetto ai medici veterinari comportamentalisti e il pubblico non professionale tende a dare ancora un altro significato, un'interpretazione distorta di quello che la dominanza in realtà costituisce.
Dal momento che il lupo è considerato l'antenato del cane domestico (Clutton-Brock, 1995) molte persone hanno messo in stretta correlazione il comportamento del lupo con quello del cane. Questo approccio, come verrà discusso in seguito, è generalmente errato. Il termine «dominanza», infatti, non dovrebbe essere utilizzato per indicare una caratteristica comportamentale, la motivazione, la territorialità o l'aggressività. Un cane che mostra aggressività verso un intruso nel territorio, non è dominante ma percepisce una minaccia e scacciandola ne ottiene un vantaggio, il che significa che il cane si mostrerà, in seguito, più sicuro, dal momento che ciò comporta una maggiore possibilità di «avere vinto».
Le relazioni di dominanza-subordinazione permettono la definizione di una gerarchia sociale e la conseguente maggiore armonia nella vita del gruppo; la gerarchia infatti permette agli individui di vivere a stretto contatto, in situazioni di competizione senza lo scatenarsi continuo di conflitti e di lotte potenzialmente fatali. La vita sociale comporta vantaggi biologici ma il comportamento sociale non si basa sulla gerarchia: la dominanza non è sinonimo di comportamento sociale, vi sono infatti alcune specie sociali come lo scimpanzè Bonobo, che non sviluppano assolutamente gerarchie (Hohman, 1999). La dominanza è «la conclusione deducibile in un contesto tra un vincitore-vinto» (Lindsay, 2001), infatti essa descrive la relazione tra 2 individui basata sull'esito di un incontro agonistico (Shepherd, 2002).
Una singola interazione tra cani infatti non può riflettere accuratamente la natura della relazione tra questi animali mentre la relazione di dominanza-subordinazione dipende da un numero elevato di vittorie agonistiche tra due individui. La dominanza non è assoluta; ogni individuo assume il ruolo di subordinato nei confronti di alcuni individui in alcuni contesti, a meno che non si tratti di un individuo patologico, e la relazione di dominanza-subordinazione non viene stabilita durante ogni incontro tra conspecifici. Ad esempio, se una persona sfidasse o si atteggiasse nei confronti dell'impiegato in banca, del benzinaio o dell'infermiera, sarebbe assolutamente ridicolo in quanto si tratta di situazioni in cui gli incontri sono occasionali. Allo stesso modo quando un cane incontra per la prima volta una persona non cerca immediatamente di testare o di stabilire la dominanza. Studi sul concetto di dominanza dimostrano che la gerarchia che riguarda il rango sociale è differente da quella relativa al cibo: la dominanza sociale è in relazione al livello di libertà che un individuo ha rispetto agli altri (Zimen, 1981) mentre il rango alimentare è in relazione al potenziale di mantenimento delle risorse. Ciò è dimostrato dall'osservazione che i cani possono manifestare aggressività possessiva o sul cibo senza manifestare conflitti sul rango sociale e viceversa. Dal momento che l'aggressività intraspecifica (tra cani) non è correlata a quella interspecifica (cane-altre specie uomo compreso), sappiamo che i cani comprendono che noi non siamo cani.
I cani sono inoltre capaci di adattare il loro comportamento quando interagiscono con diverse specie utilizzando differenti comportamenti con i gatti, i cavalli e con l'uomo, sfruttando comunque gli stessi segnali comunicativi che usano tra essi. Per molto tempo si è adottato un principio errato secondo cui i cani desiderano avere la posizione «alfa» sia rispetto altri cani sia rispetto l'uomo e che la maggior parte delle aggressioni è in relazione allo status sociale: il risultato è stato lo sviluppo di una serie di «esercizi di dominanza» basati sul comportamento del lupo, indirizzati alla prevenzione o al trattamento dell'aggressività correlata allo status. Questi approcci partono dal presupposto che tutti i cani siano normali dal punto di vista comportamentale e possano essere curati stabilendo il giusto grado di «dominanza» su di loro.
Mettere forzatamente il cane sul dorso o sul fianco, fissarlo finché non distoglie lo sguardo o altre interazioni indirizzate a forzarlo a manifestare sottomissione possono essere interpretate dal cane come saltuarie minacce, soprattutto se lo stesso non è in grado di comprendere il comportamento del «lupo alfa» manifestato dall'uomo. Punizioni (comprese le minacce) non contingenti al contesto (secondo il punto di vista del cane) determinano la comparsa di comportamenti aggressivi, anche se la dominanza non è sinonimo di aggressività: anche se l'aggressività è a volte indirizzata a stabilire la dominanza, incontri agonistici, soprattutto tra animali familiari, si risolvono in comportamenti ritualizzati e senza danni. Infatti ferite ed eccesso di aggressività sono atipiche e controproducenti per la coesione del gruppo. In molte specie sociali, infatti, il livello di aggressività manifestato da un determinato individuo è inversamente proporzionale alla capacità dell'animale di mantenere un alto rango sociale. Studi effettuati su umani, primati e cani mostrano che livelli crescenti di aggressività sono correlati a disturbi del controllo dell'impulsività e sono inversamente proporzionali allo status sociale e al livello cerebrale di alcuni neurotrasmettitori come la serotonina (Haugh, 2003; Riva, 2008). L'aggressività riguarda in ultima analisi il controllo, vale a dire la capacità di un individuo di influenzare il comportamento di un altro individuo (Lindsay, 2001). C'è una relazione importante tra ansia, controllo e prevedibilità; infatti in una situazione in cui un individuo sente di avere un certo controllo sull'esito, il livello di ansia rimane basso; una sensazione di controllo quindi comporta un senso di prevedibilità dell'ambiente. Il controllo e la prevedibilità riducono l'ansia mentre una perdita di controllo determina ansia, preoccupazione e la sensazione di sentirsi indifesi.
Uno dei motivi principali per cui una persona è «ottimista» è che sovrastima il livello di controllo che può avere su una situazione, il livello di ansia è di conseguenza basso. Le persone «pessimiste» hanno una visione più realistica del livello di controllo che possono avere. L'aggressività è tipicamente indirizzata a riacquistare il controllo di una situazione, non di un altro individuo. Ci sono una serie di fattori che supportano la teoria che la maggior parte dei comportamenti aggressivi (anche quelli rivolti verso i proprietari) manifestati dai cani sono collegati al tentativo di avere il controllo di una situazione piuttosto che allo status. Molti cani, infatti, cominciano a manifestare comportamenti aggressivi a 4-5 settimane di età; non esistono situazioni in natura in cui un individuo giovane intraprenda una sfida legata alla dominanza nei confronti di un individuo adulto. La maggior parte dei cani, inoltre, manifesta un certo livello di ansia prima o durante un attacco: si allontana dai proprietari o scappa e si nasconde immediatamente dopo un attacco. Individui che si sentono forti non sfidano e poi scappano via, in quanto la fuga è tipica di soggetti che si percepiscono come perdenti o subordinati, se non in forme automatizzate patologiche. Se l'aggressività da «dominanza» fosse relativa allo status, le punizioni severe da parte del proprietario determinerebbero la risoluzione del problema. Le persone che pensano che l'uomo possa mimare comportamenti dominanti (e che il cane possa esserne motivato) non considerano che in realtà questi comportamenti sono per il cane delle minacce che aumentano l'aggressività e non risolvono il problema. Ciò implica che l'uomo non è in grado di inviare tali messaggi in maniera comprensibile per un cane o che il cane non è in grado di leggerli correttamente. Ancora, molti cani manifestano aggressività grave e non proporzionale all'effettiva sfida o minaccia presentata durante l'interazione; gli attacchi diretti al proprietari diventano rapidamente molto intensi e comportano danni gravi e spesso non sono assolutamente ritualistici. Ad esempio morsi improvvisi e gravi sono tipici di un attacco difensivo. Invece cani con aggressività da dominanza spesso manifestano continuamente comportamenti di richiesta di attenzione verso i proprietari. Infatti in un branco di lupi, l'attenzione è rivolta all'animale più alto nella gerarchia e comportamenti di insistente ricerca di attenzione sono tipici di animali subordinati. Solo una piccola quantità di cani mostra aggressività da dominanza; questi animali appaiono sicuri, avvisano a lungo prima di mordere e dopo non si allontanano e l'aggressività è generalmente molto prevedibile. Come detto, l'utilizzo di esercizi di “dominanza” può essere interpretato come una forma di attacco, portando a comportamenti difensivi da parte del cane stesso. Similmente, punire un cane che ha già paura determina aumento della paura; se ciò avviene sempre in determinate interazioni, il cane si aspetterà un conflitto in queste situazioni e potrà manifestare un comportamento difensivo preventivo. Alcuni cani possono manifestare aggressività per terminare una interazione che è per loro frustrante o irritante come accade spesso verso i bambini. Le persone generalmente proiettano i loro sentimenti ed i loro pensieri sul cane e inoltre non comprendono i desideri e le intenzioni che ha: ad esempio molti proprietari pensano che il loro cane desideri carezze e coccole sulla pancia quando mostra il ventre anche se riconoscono una postura di sottomissione. Gli umani non comprendono quindi qual è la reazione che il cane si aspetterebbe (almeno originariamente) cioè una breve interazione compatibile con una annusata rapida da parte di un altro cane che poi si allontana in seguito all'emissione di questa postura. Similmente, quando un cane si avvicina, le persone pensano che voglia essere accarezzato: quando un cane desidera stare vicino al proprietario non necessariamente desidera essere toccato, abbracciato o baciato. Questi ultimi due gesti possono essere inoltre ostili e minacciosi per un cane, che può quindi mostrare aggressività per terminare l'interazione e imparare ciò, porta inevitabilmente al rinforzo dell'aggressione. Maggiore è il controllo che il cane percepisce di avere in una specifica situazione, più confidente sarà e più offensiva sembrerà la sua postura, obbligando l'uomo ad interpretare le sue caratteristiche come tipiche di un animale «dominante» ma ciò non significa che quel soggetto ha cambiato il suo rango sociale. Pensare che tutti i cani aggressivi e dominanti siano cani normali ma sgradevoli che necessitano una dose di «leadership» è ingiusto per gli animali e pericoloso per l'uomo.
Anche se stiamo imparando sempre di più sul comportamento del cane, ci sono ancora poche ricerche sul suo comportamento sociale e più lo analizziamo e più ci accorgiamo di quanto sia complesso. Basarsi sulle semplicistiche conoscenze inerenti la gerarchia e la dominanza semplifica in modo ancor più grossolano il concetto e può allontanare l'attenzione da approcci terapeutici più utili. Questa è la chiave di un'incomprensione grave e i nostri cani stanno cercando di comunicarcelo da moltissimo tempo.
Dr. Jacopo Riva
Medico veterinario comportamentalista
Specialista in Etologia applicata e Benessere animale
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