Quotidiano Energia - Il Consiglio di Stato concede 9 mesi a Regione Sardegna e Mase per tentare di raggiungere un accordo sulla modifica del Dpcm relativo alle infrastrutture energetiche strategiche per la decarbonizzazione dell’isola.
Come si evince dal sito della giustizia amministrativa infatti, il CdS ha spostato l’udienza prevista per ieri, 23 febbraio, al 16 novembre 2023, accogliendo l’istanza di rinvio presentata dalla Regione, anticipata a QE dall’assessora all’Industria Anita Pili.
Le istanze dell’esecutivo regionale sono volte tra le altre cose a estendere la perequazione tariffaria a tutte le infrastrutture di distribuzione gas (non solo quelle con cantieri avviati alla data di pubblicazione del Dpcm), a non escludere la possibilità di realizzare la dorsale e di convertire a gas le centrali a carbone di Fiumesanto e Sulcis, a spostare la Fsru di Portovesme (con ipotesi Cagliari), a consultare maggiormente Regione ed Enti locali per la localizzazione degli impianti rinnovabili. A ciò si aggiunge la possibilità di riconoscere royalty sul modello della Basilicata “per i grandi impianti che trovano e soprattutto troveranno ubicazione nella nostra regione”, come sottolineato da Pili.
Tutte proposte che vanno però meglio definite e soprattutto coordinate con quanto previsto dagli scenari Snam-Terna per la Sardegna e con le decisioni al riguardo dell’Arera.
Il confronto si annuncia quindi non privo di insidie. Nel frattempo, la metanizzazione dell’isola rimarrà in sospeso, affidata per ora al solo deposito Higas di Oristano da 9.000 mc liquidi, già attivo dal maggio 2021.
Secondo Confindustria Sardegna il rinvio “paralizza se non definitivamente pregiudica risposte e soluzioni fondamentali e non procrastinabili per la sopravvivenza del tessuto economico e produttivo sardo”.
Per gli industriali sardi occorre quindi “dare sollecito riscontro operativo alle questioni trattate dal Dpcm, in quanto è assolutamente essenziale per scongiurare sospensioni o chiusure di attività strategiche di grande impatto economico ed occupazionale. Le imprese sarde non possono permettersi una indefinita situazione di stallo”.
Intanto da segnalare che il CdS ha respinto il ricorso della Sardegna contro l’accordo di finanza pubblica stipulato con il Mef il 21 luglio 2014, riguardante anche la soppressione dell’addizionale comunale e provinciale dell’accisa sull’energia elettrica.
Su questo punto, la Regione sostiene che con la riforma introdotta dall’art. 35, comma 4, del decreto legge n. 1 del 2012, nonché dell’art. 4, commi 10 e 11, del decreto legge n. 16 del 2012, il regime delle accise sui consumi di energia elettrica è stato modificato nel senso di maggiorare le accise erariali e di sopprimerne le accise comunali e provinciali. Tale riforma sarebbe però “stata ispirata al principio della neutralità finanziaria, principio che, invece, risulterebbe violato dal provvedimento impugnato, giacché la somma dell’accantonamento a carico della Regione Sardegna sarebbe dovuta essere ridotta”.
Il CdS sottolinea che nell’accordo col Mef è previsto che “la Regione si impegna a ritirare, entro il 16 settembre 2014, tutti i ricorsi contro lo Stato pendenti dinnanzi alle diverse giurisdizioni relativi alle impugnative di leggi o di atti conseguenziali in materia di finanza pubblica, promossi prima del presente Accordo, o, comunque, a rinunciare per gli anni 2014-17 agli effetti positivi sia in termini di saldo netto da finanziare che in termini di indebitamento netto che dovessero derivare da eventuali pronunce di accoglimento”.
Come correttamente rilevato dal Tar, concludono i giudici di appello, “il contenzioso oggetto del presente giudizio rientra a pieno titolo tra quelli oggetto della clausola da ultimo riportata”.
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