Quotidiano Energia - L’Europarlamento ha probabilmente messo la pietra tombale sulla permanenza della Ue nella Carta dell’Energia. La plenaria di Strasburgo ha infatti approvato giovedì – con 575 voti favorevoli, 303 contrari e 209 astenuti – una risoluzione che chiede alla Commissione di “avviare immediatamente il processo per un’uscita coordinata della Ue dal Trattato e invita il Consiglio a sostenere tale proposta”, ritenendo che “sia l’opzione migliore per ottenere certezza giuridica e impedire alla Carta di compromettere ulteriormente le ambizioni Ue in materia di clima e di sicurezza energetica”.
La risoluzione segue l’annuncio da parte di sette Paesi (Germania, Francia, Spagna, Olanda, Polonia, Slovenia e Lussemburgo) dell’intenzione di ritirarsi dalla Carta, da cui l’Italia è già uscita nel 2016. Non a caso, una riunione dei rappresentanti dei 27 (Coreper) che martedì scorso avrebbe dovuto discutere la riforma del Trattato negoziata dalla Commissione la scorsa estate si è conclusa con un nulla di fatto.
La risoluzione sottolinea che “un numero allarmante di ricorsi in materia di investimenti riguarda misure ambientali” e che molti Paesi “sono citati in giudizio per ragioni legate alle loro politiche in materia di clima o transizione giusta”. Inoltre, la Carta “è l’accordo in materia di investimenti oggetto del maggior numero di contenziosi”, con “oltre 40 procedimenti arbitrali intra-Ue in corso”. Di conseguenza, secondo gli eurodeputati, la Carta “è attualmente incompatibile con i trattati Ue, in quanto consente ai tribunali per gli investimenti di interpretare e applicare il diritto Ue”.
Si tratterebbe insomma di “uno strumento obsoleto che non risponde più agli interessi dell’Unione europea”. E anche il testo riformato, obietta Strasburgo, “non è in linea con l’accordo di Parigi, con la normativa europea sul clima e con gli obiettivi del Green deal europeo”. Infatti, la riforma “mantiene la protezione degli investimenti esistenti nei combustibili fossili per almeno 10 anni” a partire dal 15 agosto 2023, e questo solo se la Ue, i suoi Stati membri e le altre parti si accordassero sull’applicazione provvisoria del nuovo Trattato, che altrimenti avrebbe effetto dopo la ratifica da parte dei tre quarti dei 53 contraenti, “prorogando la protezione degli investimenti nei combustibili fossili per un periodo prossimo ai 20 anni previsti dalla clausola di temporaneità della Carta”.
La risoluzione tiene infine a ricordare che “la Ue può ratificare il Trattato sulla Carta dell’Energia modernizzato solo con l’approvazione finale del Parlamento” e che “il Consiglio non è riuscito a raggiungere una maggioranza qualificata a favore della modernizzazione”.
“Adesso la Commissione si deve attivare subito per coordinare l’uscita degli Stati membri Ue dalla Carta”, ha commentato la relatrice della proposta di modernizzazione del Trattato, la verde tedesca Anna Cavazzini.
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