Sport / Bergamo Città
Domenica 07 Ottobre 2012
Tre sconfitte di fila, così non va
Le partite durano novanta minuti
Eh no, così non va. Tre sconfitte di fila, per di più incassate contro avversarie di media-bassa levatura (Catania e Torino) e contro una Roma rivitalizzarla proprio dai nerazzurri invitano, purtroppo, ad alzare realisticamente la guardia.
Eh no, così non va. Tre sconfitte di fila, per di più incassate contro avversarie di media-bassa levatura (Catania e Torino) e contro una Roma rivitalizzarla proprio dai nerazzurri invitano, purtroppo, ad alzare realisticamente la guardia.
Privilegiamo le cifre prima di analizzare la nuova battuta a vuoto. L'Atalanta in 7 gare ha incassato qualcosa come 11 gol segnandone soltanto 5 (differenza reti –6, e scusate se è poco) con la classifica che ci vede in piena zona retrocessione. Bocciati, dunque, il reparto arretrato e quello avanzato.
Onesto, comunque, non dimenticare l'emergenza infortuni che da qualche giornata si accanisce contro la difesa, ma la rosa atalantina, uscita dal mercato estivo, non era, forse, stata valutata completa sia per quantità, sia per qualità? Il centrocampo, almeno in teoria sta reggendo in virtù soprattutto delle fini e intelligenti giocate di Cingarini.
Ma al calcio si gioca in 11 e perciò, nel bene e nel male, bisogna coinvolgere l'intero collettivo, nessuna pedina esclusa. Parlando dell'infruttuosa trasferta capitolina non ci va affatto di esaltare, in chiave nerazzurra, la mezz'ora di gioco iniziale nonostante sia stata colpita una traversa con Moralez e fallito un paio di occasioni, di cui una assai clamorosa, con Denis.
Come sostenuto in Atalanta-Torino le partite durano 90' oltre al recupero: se mai, considerata la sua recidività con la Roma a distanza di 8 giorni, andrebbero approfondite le cause. Tenuta fisica limitata o siamo di fronte a un problema di mentalità. Forse l'uno e l'altro.
A fagiolo arriva la sospensione del campionato per le partie della Nazionale. Usufruiamone per rimettere in sesto gli infortunati e per ricaricare, come si suol dire, le pile.
Arturo Zambaldo
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