Da un lato c’è piazzale Marconi con la sua stazione ferroviaria, dall’altro via Gavazzeni con il suo polo scolastico. In mezzo ci sono sessant’anni di progetti, studi, proposte e soluzioni innovative. E decine di ultimatum per l’avvio dei lavori di fantomatici interventi che - «in tempi assolutamente ragionevoli» - consentiranno di superare i binari della linea ferroviaria. Un ostacolo che pesa sulla città fin dal termine della seconda guerra mondiale, quando la necessità di espansione residenziale e industriale di Bergamo dovette scontrarsi con un invalicabile muro di cinta, appunto quello della massicciata ferroviaria, che «strozzava» lo sviluppo verso sud. Il primo tentativo di trovare una soluzione al problema risale a 58 anni fa.
Chi è nato nell’ottobre del 1947 oggi ha 57 anni: quando è venuto alla luce piazzale Marconi aveva all’incirca lo stesso aspetto che ha oggi, pianta più pianta meno. Eppure sappia che, proprio mentre stava nascendo, a Palazzo Frizzoni stavano presentando un progetto «futuristico» che avrebbe cambiato il volto della città.
Lo testimonia una prima pagina ingiallita de «L’Eco di Bergamo» di allora, che mostra un disegno con rampe e svincoli sopraelevati in piazzale Marconi. Era il progetto vincitore - realizzato dagli architetti Sandro Angelini e Pino Pizzigoni - di un concorso indetto dall’Amministrazione comunale. «Entro un mese sarà forse possibile iniziare alcune delle costruzioni», si legge nell’articolo. L’ottimismo di certo non mancava.
Così come in un altro servizio pubblicato nell’agosto del 1958 e intitolato: «L’ostacolo della stazione ferroviaria verrà superato con un soprapassaggio». In questo caso i progettisti avevano preparato anche un disegno che mostra l’intervento, non meno avveniristico del precedente: due grandi rampe a semicerchio che abbracciano la stazione in entrambi i lati per andare a ricongiungersi, dietro lo scalo ferroviario, in un’unica strada sopraelevata che, larga venti metri, prosegue fino a via Gavazzeni. E, sotto i binari, nientemeno che un grande «albergo diurno». Roba da fantascienza. Non da meno gli altri progetti che si sono succeduti col passare degli anni. Un «boom» dettato dall’entusiasmo, che però si risolse con continui rinvii, motivati con rimpalli di responsabilità tra gli enti coinvolti.
Nel 1977 l’ennesimo progetto si aggiudica l’ennesimo concorso nazionale indetto dall’Amministrazione comunale: in questo caso prevale l’ipotesi del ponte con un’unica rampa, affiancato da due passerelle pedonali e con tanto di «piazza sopraelevata» davanti alla stazione. E se, tra la fine degli anni Cinquanta e la fine degli anni Settanta, si pensò che fosse fattibile realizzare un collegamento sopra i binari utilizzabile anche dalle automobili, dagli anni Ottanta in avanti questa ipotesi venne lentamente accantonata.
Complice in parte l’incremento del numero di mezzi in circolazione, ma soprattutto il pesante impatto economico che un progetto del genere avrebbe comportato per la città. Così nel febbraio del 1983 sulla stampa locale si parlava di «ridimensionamento in vista» per quello che veniva definito il «Golden gate bridge cittadino».
È in questo periodo che si inizia a parlare di «tagli di massima per salvare» un progetto che, pur nelle sue diverse sfaccettature, era comunque sempre rimasto nel cassetto: nella metà degli anni Ottanta il costo di 36 miliardi delle vecchie lire appariva assolutamente fuori budget. Così anche i progettisti si adeguano: le varie Amministrazioni comunali che si succedono abbracciano ciascuna una differente soluzione. Magari meno da fantascienza del ponte del ’47, ma altrettanto affascinanti.
Come quella che venne definita la «passerella meccano» del 1984 : un ponte da 340 metri realizzato con un reticolato in acciaio, proprio come nell’omonimo gioco di moda in quegli anni. La prima pietra? Ovviamente entro la fine dell’84. Anche gli anni Novanta non sono stati da meno per progetti, promesse e rinvii. In questo periodo sembra ancora prevalere l’ipotesi di realizzare una passerella pedonale per scavalcare i binari.
Nella metà degli anni Novanta il progetto che domina è il ponte sospeso con le travi. L’inizio dei lavori è naturalmente previsto per la fine del 1997 . «Via libera delle Fs», «Ok dal Comune», «Progetto pronto»: le promesse si sprecano. Ma anche i dietrofront: «Arrivederci al ’98», «Tutto da rifare», «Sovrappasso più lungo della gamba». E siamo al Duemila e agli anni della svolta. Perlomeno nelle intenzioni. Scartate soluzioni «sopraelevate», si passa al tunnel.
Nel 2003 la Giunta di Cesare Veneziani propone di prolungare l’attuale sottopasso pedonale fino alla Casa del giovane di via Gavazzeni. Nel luglio 2004 si chiude il bando di gara: l’appalto va alla società Vipp di Verona. Tempo di realizzazione: due anni. Lavori al via entro gennaio di quest’anno. Ma tutto si blocca: le Ferrovie non cedono le aree. Il resto è cronaca di questi giorni: il Comune rescinde il contratto con la Vipp e indice una nuova gara. Ed eccoci all’ennesimo ultimatum: cantiere al via entro sei mesi. Una speranza si intravede in fondo al tunnel. Già, ma dov’è il tunnel?
(14/05/2005)
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