Quel panettone di Lance
Guerini: «Una storia incredibile»

Il giallo del panettone-regalo «lievitato» con 100 mila dollari fruscianti e consegnato, secondo quanto dichiarato al Corriere da Roberto Gaggioli, da Lance Armstrong allo stesso Gaggioli in cambio della vittoria finale alla «Million Dollar Race» tiene banco in questi giorni.

Il giallo del panettone-regalo «lievitato» con 100 mila dollari fruscianti e consegnato, secondo quanto dichiarato al Corriere da Roberto Gaggioli, da Lance Armstrong allo stesso Gaggioli in cambio della vittoria finale alla «Million Dollar Race» tiene banco in questi giorni.

La vicenda della combine in salsa ciclistica che si sarebbe consumata in un fantomatico hotel di Bergamo, riesumata dallo stesso Gaggioli, a vent’anni di distanza dal presunto fattaccio, non convince in pieno Beppe «Turbo» Guerini, soprattutto per la tempistica: «Francamente parlare a vent’anni di distanza di un fatto che sarebbe avvenuto appunto nel 1993 non mi sembra abbia molto senso – commenta l’ex campione di ciclismo – se andiamo a spulciare la storia del ciclismo, ma ovviamente anche degli altri sport, per rivangare quello che è stato, magari si possono trovare tantissime cose poco chiare. Questa vicenda mi lascia perplesso. L’ho letta come tutti sui giornali, ma sinceramente non mi appassiona».

Beppe Turbo ha incrociato qualche volta Gaggioli: «Lui era quasi a fine carriera quando io iniziavo. Ma non lo conosco personalmente. In tanti anni di corse e di professionismo comunque non ho mai sentito storie del genere o di offerte di denaro in cambio di vittorie. La “Million Dollar Race” del resto era una gara particolare. Non saprei cosa dire. Io farei calare il sipario sul capitolo Armstrong. Per me è stato un atleta che comunque possedeva doti naturali da campione – aggiunge l’eroe dell’Alpe d’Huez del 1999 – perché sono convinto che, anche con l’aiuto del doping, un asino non può diventare un cavallo. Poi Lance ha sbagliato, e ha giustamente pagato a caro prezzo i suoi errori. Ora però basta. Andare a rivangare fatti di vent’anni fa, mi pare troppo».

Guerini preferisce guardare avanti: «Scagliarsi sempre contro Armstrong è un modo per riallacciarsi poi al solito discorso del ciclismo malato di doping. Invece si dovrebbe parlare di più degli anticorpi che il ciclismo sta sviluppando contro la malattia del doping, e dei controlli sempre più serrati che ci sono oggi e che non mi risulta siano presenti in altri sport. Oggi se uno s’azzarda a barare, non la fa franca: prima o poi lo beccano. E questo è un grande risultato. Quanto ad Armstrong: chiudiamo il capitolo».

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