L’alfabeto di Brasile 2014
A come arbitri, Z come zanne

È sceso il sipario sui Mondiali. Ecco uno specchio della kermesse brasiliana attraverso un simpatico alfabeto che racconta un mese di calcio, di sogni e di aneddoti: dalla zanne di Suarez alle lacrime dei giocatori brasiliani.

ARBITRI Alla vigilia delle due finali si stava ragionando sulla qualità dei fischietti visti all’opera in Brasile, in verità fin lì molto bravi. C’era stato un inizio un po’ incerto, ma poi le misure erano state prese con soddisfazione generale. Per esempio, per grande merito dei calciatori, le ammonizioni sono state davvero pochine (2 e mezza in media a partita), a beneficio del gioco. E qualcuno, per la finalissima, avrebbe preferito un fischietto africano per dirigere un’europea contro una sudamericana. Lo piazzano invece nella finalina, è l’algerino Haimoudi e ne fa peggio di Bertoldo. Non fischia un clamoroso rigore ad Oscar. Forse l’avrebbe fatto solo a Los Angeles.

CAMPANELLA Si è sempre parlato di «scuola brasiliana». Dicevano che adesso, i verdeoro, oltre a palleggiare divinamente, a forza di giocare in Europa, avevano anche affinato la tattica. E che, praticamente, giocando in casa loro, non ce ne sarebbe stato per nessuno. Poi è arrivata la Germania. E, subito appresso, l’Olanda. E i professori sono tornati Scolari.

EASY JET La RSI, emittente svizzera per cui lavorava, ha licenziato l’ex calciatore argentino Julio Hernan Rossi, suo opinionista, che mal aveva digerito il pensiero di Robben nel dopo Olanda-Albiceleste. L’attaccante del Bayern, che auspicava in finale vincesse la Germania, è stato insultato da Rossi sul suo profilo Facebook. Mettendo in discussione la moralità delle mamme, il commentatore ha invitato il gruppo olandese ad andarsene in vacanza, considerando che, colorati così, sembrano l’equipaggio di Easy Jet. Nessuna reazione, per ora, dalla compagnia aerea. Noi, però, consiglieremmo a Rossi di prendere il treno.

LACRIME Tra le tante, ci resteranno impresse tre immagini di sofferenza irrefrenabile. Quella del bimbo brasiliano che, dopo il terzo gol della Germania, scoppia in un pianto disperato e cerca di asciugarsi gli occhi da sotto le lenti, fotografia tenerissima di un sogno infranto. Poi, stupendo, il gesto di David Luiz che, a fine della partita vinta con la Colombia, indica ai suoi tifosi di applaudire un singhiozzante James Rodriguez, uno dei protagonisti di questo mundial con 6 reti, ma appena eliminato dai padroni di casa. E, infine, la disperazione di Luka Robben, 6 anni, figlio di Arjen, che piange come una fontana in braccio alla madre dopo l’eliminazione con l’Argentina, ai calci di rigore. Nemmeno il padre è riuscito a consolarlo. Poteva cantargli «Don’t cry for me, Argentina».

MESSICO E NUVOLE Yepes, il nostro Marione, è stato certamente il più impiegato e, soprattutto, quello che è arrivato più lontano, da condottiero della sua Colombia. Però, oltre a Carmona col Cile, abbiamo avuto la piacevole opportunità di rivedere all’opera anche Troisi (Australia) e soprattutto Layun, il messicano (il primo a giocare in Italia) che a Zingonia pareva sonnecchiare perennemente sotto il sombrero e che, invece, in Brasile s’è fatto notare per qualche spunto vivace, giocando tutte e quattro le partite del Messico. Nemmeno riserva all’Atalanta e titolare in nazionale. La sua squadra attuale è il Club America. E il vento suona la sua armonica. Che voglia di piangere ho.

ORGANIZZAZIONE Si temeva molto e parecchio s’era scritto e documentato sulla inefficenza dei brasiliani, sui ritardi nelle infrastrutture e sugli stadi ancora da ultimare quando al via dei mondiali mancava solo una manciata di ore. In realtà l’apparato del mondiale s’è dimostrato puntuale sotto tutti i punti di vista. Certo, c’è stato il problema di qualche posto vuoto di troppo nelle partite a gironi e la solita piaga del bagarinaggio. Ma non saremo certo noi a poter dare lezioni in questo senso. Piuttosto, ha fatto scalpore lo sgomento di molte fasce di operatori e operatrici dell’ospitalità, in crisi per l’eliminazione di troppe squadre europee, i cui tifosi rappresentavano buona parte del loro business. Vedendo le ultime due partite del Brasile avran pensato che piove sul bagnato.

SUPERMARIO La sua ultima scoperta (autoscatto mentre punta un simil winchester) ha fatto tornare alla mente il leggendario assioma di Clint Eastwood in «Per un pugno di dollari»: «Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto». Magari l’avrà fatta, quella foto, per ribadire il concetto. Sulla sua partecipazione al mondiale, invece, quello con le idee più chiare è sembrato Ivan Zazzaroni (Raiuno): «Se porti Balotelli per fare colore, lo puoi tranquillamente lasciare a casa».

TIFOSI Il lato sempre più bello di ogni mondiale, particolarmente in questo. Certo, si assiste ad una passerella di tipi incredibili, vestiti da guerrieri, gauchos, vichinghi, con parrucche improponibili, con visi pitturati, con mastodontici copricapi. Pronti però ad abbracciare gli avversari e a fare insieme a loro la ola durante le partite. Non sono mancate foto e inquadrature di splendide tifose, di ogni nazionalità, che rallegravano gli occhi e i sentimenti. Resterà per sempre il mistero per cui non sia possibile trasferire questa poesia negli stadi di casa nostra, durante il campionato. Dove, ancora troppo spesso, i guerrieri non sono travestiti.

VAN GAAL Diciamo la verità: a parte essere un mio coscritto, l’allenatore olandese è simpatico come un mal di pancia in autostrada. Però ha talento: cambiare il portiere (Krul) appena prima di andare ai rigori è geniale. E poi è riuscito a schierare tutti i 23 a sua disposizione, terzo portiere (Vorm) compreso. Certo, ha giocato tutte le partite possibili, però questa scelta gli fa onore. Adesso lo aspetta Manchester, sponda United, la città che vide crescere i Bee Gees. Considerando che in Premier League non si gioca di domenica, ci sembra un abbinamento ad hoc. Quello con la febbre del sabato sera.

ZANNE Luis Suarez, dopo aver morsicato alla spalla Chiellini davanti agli occhi del mondo, s’è accasato al Barcellona dove, con Messi e Neymar, per non perdere il vizio, formerà un temibilissimo tridente.

Pier Carlo Capozzi

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