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Giovedì 13 Febbraio 2014
Il ct azzurro Prandelli sui vivai:
il vero problema sono i genitori
Il commissario tecnico dell’Italia Cesare Prandelli a Cesena torna a parlare del suo primo grande amore: i settori giovanili e la crescita dei talenti. L’occasione l’ha data il convegno intitolato «Un viaggio nel mondo del calcio: dal settore giovanile al sogno azzurro».
Il commissario tecnico dell’Italia Cesare Prandelli a Cesena torna a parlare del suo primo grande amore: i settori giovanili e la crescita dei talenti. L’occasione l’ha data il convegno intitolato «Un viaggio nel mondo del calcio: dal settore giovanile al sogno azzurro» nella sede Tecnhogym, davanti a quasi 400 persone, presenti anche il presidente della Lega di Serie B Andrea Abodi, il patron della Tecnhogym Nerio Alessandri, il numero uno del Cesena Calcio Giorgio Lugaresi e il direttore dell’area tecnica romagnola Rino Foschi, che conosce benissimo Prandelli dai trascorsi comuni in quel di Verona.
Lui che nel settore giovanile dell’Atalanta ha vinto scudetti con Allievi e Primavera oltre al Torneo di Viareggio del 1993. «Quando il presidente dell’Atalanta di allora Bortolotti mi chiamò, mi disse: “Probabilmente non crescerai nessun campione, ma con te i ragazzi almeno verranno educati”. Quella frase mi ha formato, mi è sempre rimasta in mente. Per l’esperienza accumulata in carriera, se si vogliono sviluppare al meglio i vivai è necessario puntare sulla qualità tecnica. Ai più piccoli è necessario fornire loro la voglia di giocare, puntando sempre e solo con esercizi sulla palla, dagli Allievi in avanti è importante inserire anche l’organizzazione. Il vivaio è un mondo speciale, che ti rimane sempre dentro. Ed è un esperienza unica, il vero problema non sono i bambini ma i genitori».
«Io - aggiunge il ct - i genitori ho provato ad “allenarli” per otto mesi ma poi ho rinunciato: mettono troppe pressioni, quando invece bisogna sbagliare. Il bambino stesso è più attento a capire il proprio futuro, con l’assillo dei famigliari diventa tutto più difficile. Il carattere si forma nelle difficoltà. E poi la figura dell’allenatore è lì apposta per decidere sulle potenzialità del ragazzo. Anzi, ho sempre sostenuto che chi uscisse da un super corso di Coverciano debba obbligatoriamente passare da un settore giovanile».
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