Favini, ferie o dimissioni?

Da giovedì il responsabile del settore giovanile dell’Atalanta non è più a Zingonia: in disaccordo con la società per la cessione di alcuni giovani, si è preso un periodo di riposo per riflettere. Adesso il presidente Ruggeri deve convincerlo a ritornare sui suoi passi

Ferie, anticamera delle dimissioni. Si può anche leggere in questo modo la presa di posizione di Mino Favini, responsabile del settore giovanile dell’Atalanta, che giovedì ha lasciato il Centro Sportivo di Zingonia (destinazione Meda, casa sua) con la faccia scura (eufemismo). Lo scopritore di talenti ha fatto sapere che è giunto il momento di andare in ferie. Dieci giorni di riposo, forse venti, forse un mese. Chissà. Giorni utili per riflettere, meditare e prendere una decisione che oggi si avvicina più ad una rottura definitiva piuttosto che ad un ritorno sui suoi passi. Nel frattempo il presidente Ivan Ruggeri, responsabile di questo nuovo caso delicato, cercherà di ricucire lo strappo. Ma cosa è successo di preciso? A Favini non sono andate giù le cessioni di alcuni giovani come Morosini, Gotti e Rinaldi all’Udinese e di Brivio alla Fiorentina. Favini è stato scavalcato, ha subito uno sgarbo, ma soprattutto è stato privato di ragazzi che ha fatto crescere e che avrebbe voluto vedere esordire in prima squadra.

Nell’ultimo anno solare, l’Atalanta ha ceduto 22 giocatori cresciuti nel suo vivaio e di questo il mago-Favini è orgoglioso, ma questa volta ha perso la pazienza perché soprattutto Rinaldi e Brivio, prima di salutarli, li avrebbe voluti vedere giocare in prima squadra. Difficile immaginare adesso quale decisione prenderà Favini, ma certo è che lo scopritore di talenti, arrivato a Bergamo nel 1990 su volontà di Antonio Percassi, è veramente stufo. Non stanco per il lavoro, sia chiaro, ma stufo per come viene trattato. Già nel gennaio scorso Favini ci restò male quando venne «usato» dalla società. Era il 7 febbraio, giorno dell’insediamento di Giacomo Randazzo alla presidenza: come primo atto, per tenere buona la piazza, la società annunciò il rinnovo del contratto a Mino Favini. Nulla di strano, vero, ma con un piccolo particolare: Ruggeri e Favini avevano sì parlato di un possibile rinnovo, ma un accordo con tanto di firma non c’era ancora stato. In quei giorni Favini, a chi gli stava vicino, non esitò a dire: «Mi hanno usato, adesso vedremo come si comporteranno». Sono passati quasi sei mesi e Favini si è sentito preso in giro per le scelte fatte dalla società e per una dichiarazioni di rilasciata da Ivan Ruggeri: «Ma Brivio è un ragazzo, non è ancora in prima squadra. Che problema c’è?». Il problema c’è eccome. Brivio è la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Brivio è il giocatore che potrebbe passare alla storia per avere provocato le dimissioni di Mino Favini (Inter e Fiorentina sono le società che da tempo stanno corteggiando il mago di Meda). La corsa contro il tempo è iniziata: adesso Ruggeri deve convincere Favini a ritornare sui suoi passi, ma gli argomenti non sono economici. Servono fatti, parole chiare, programmi da rispettare. Promesse già fatte in passato, ma puntualmente venute meno.

(27/08/2005)

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