Bruno Pizzul a Bergamo: «Agli Europei
avrei portato Bonaventura e Jorginho»

Davanti ad una bottiglia di Valcalepio, scelta accuratamente con tanto di raccomandazione al cameriere che lo sta servendo – «Guardi che io vengo dalla zona del Collio, me lo porti buono perché sono abituato bene», detto con il consueto tenero sorriso sulla bocca – Bruno Pizzul, la voce storica della Nazionale, regala una serie di battute in stretto dialetto friulano e lancia flash capaci di provocare brividi ed emozioni della sua lunga carriera da calciatore e da giornalista.

Bruno Pizzul è una di quelle voci da ascoltare ad occhi chiusi, perché con quel timbro inconfondibile consente all’ascoltatore di lasciarsi trascinare dai suoi racconti e immaginare nella propria mente quello che sta ascoltando. A Bergamo ci è venuto venerdì in occasione della presentazione del libro Il Modellatore di Uomini che racconta la vita del suo grande amico (e conterraneo) Alfredo Calligaris. I due regalano uno spettacolo tutto in dialetto prima, durante e dopo l’appuntamento che si è tenuto alla libreria Ibs+Libraccio ricordando dei trascorsi friulani, degli incontri a Bergamo e accennando qualcosa anche alla Nazionale che domani esordirà agli Europei francesi contro il Belgio.

A questo proposito, imbeccato da Pier Carlo Capozzi (storica firma del nostro giornale e coordinatore della presentazione) ha risposto subito senza pensarci troppo ad una richiesta che probabilmente tutta Italia gli farebbe se lo avesse di fronte: «Tornare a commentare l’Italia? No grazie, ora tocca agli altri. Quello che dovevo e potevo fare l’ho fatto, non sarebbe giusto tornare. E poi i ragazzi di oggi che commentano il calcio sono bravi e soprattutto preparati, forse fin troppo qualche volta».

Bruno Pizzul come la vede la Nazionale di Antonio Conte?

«Sono nella miglior situazione possibile. Sulla carta non ci sono i migliori presupposti per fare un grande Europeo, ma si sa che quando non abbiamo pressioni noi italiani diamo il meglio. Se va male nessuno dirà nulla, se andrà bene sarà un grande successo».

Qualcuno dice che non passeremo nemmeno il girone. Lei cosa ne pensa?

«Molto dipenderà dall’esordio col Belgio. Loro si presentano più forti di noi e se dovessimo partire col piede sbagliato poi monterebbe la pressione, l’ansia di non farcela e l’obbligo di vincere le altre due gare per forza. Bisogna avere molta volontà e un forte desiderio di fare il massimo. E poi è risaputo che in queste competizioni ci vuole molta fortuna. Da noi i nostri nonni ci dicevano sempre: chi no gà culo, more picio (chi non ha fortuna muore da piccolo, ndr)».

Se poi passassimo il girone sappiamo che nessuno vorrebbe incontrarci…

«È vero, abbiamo la caratteristica di far giocare male gli avversari e questo infastidisce principalmente le squadre più tecniche. Inoltre bisogna sempre considerare che nelle partite secche che caratterizzano questo tipo di tornei tutto può succedere».

Come giudica le convocazioni del ct? Ritiene che manchi qualcosa a questa Nazionale e che forse si poteva convocare qualcun altro rispetto ai 23 ufficiali?

«Conte ha portato tutti quelli che bisognava portare, il materiale a sua disposizione in questo momento è quello che conosciamo tutti. Forse avrei inserito più qualità a centrocampo chiamando Bonaventura e Jorginho soprattutto considerando gli infortuni dei nostri due uomini migliori, Marchisio e Verratti ma lui è convinto delle sue idee tattiche e le ha perseguite fino in fondo».

Domanda secca: chi lo vince questo Europeo?

«Direi la Francia, il clima di casa la favorirà. Ma attenzione ai soliti tedeschi. E alle sorprese».

Chi potrebbero essere?

«Sono in tante le nazionali che si candidano a vestire i panni di rivelazione, penso al Belgio che è molto attrezzato, ma anche al Portogallo. Potrebbe esserci spazio per loro perché le cosiddette grandi hanno giocatori che vengono da stagioni logoranti coi rispettivi club, penso all’Inghilterra ad esempio».

Nel corso della chiacchierata, Pizzul elogia Bergamo e la sua gente, si guarda attorno ammirato mentre percorre il Sentierone e viale Roma e dimostra di conoscere la città molto bene. Chiede di aggiornarlo sull’atmosfera attuale che si respira da queste parti, con interesse particolare per l’Atalanta «perché quando dici Bergamo pensi subito all’Atalanta», ammette lui.

Da cosa nasce questo rapporto con Bergamo?

«Ho seguito tanto l’Atalanta come giornalista nella mia carriera. Qualcuno diceva che i bergamaschi non erano così accomodanti con la stampa, ma io arrivavo a Bergamo col cappello da alpino (essendo stato una Penna nera) e trovavo la strada spianata».

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