«Mai preso prodotti vietati. Su suggerimento di un medico italiano ho solo fatto uso di antibiotici per curare un'allergia. Farò ricorso». La difesa di Jamel Chatbi arriva direttamente tramite una nota emessa dall'ufficio stampa della sua Nazionale ma suona piuttosto stonata: prima di lasciare Berlino, il siepista marocchino trapiantato dalle nostre parti, insieme al suo posto nella finale Mondiale dei 3000 siepi ha rinunciato anche alle controanalisi.
Il giorno dopo la notizia della sua positività in un test effettuato sabato scorso al clenbuterolo (stimolante che in medicina viene impiegato da chi soffre d'asma o di problemi respiratori, ma che in passato è costato la squalifica sia a Ben Johnson che a Katrin Krabbe) le reazioni di una BergamoAtletica incredula continuano. Difficile credere sia questo l'epilogo di una storia che alla vigilia dei Mondiali sembrava una favola e sopra la quale ora sembra pronto a materializzarsi lo spettro della squalifica (rischia uno stop di almeno due anni).
«Se è questa la realtà dei fatti ha fatto del male a tutti, sé stesso e noi - commenta Achille Ventura, responsabile tecnico dell'Atletica Bergamo, club in cui Chatbi ha militato prima di passare alla Cento Torri Pavia - ho visto ragazzi che per anni si sono allenati con lui piangere una volta venuti a conoscenza di questa notizia. Siamo stupiti perché reputavamo Jamel un grande amante di questo sport e dei suoi principi: da noi, a tempo perso, allenava anche i ragazzini e alla festa del nostro cinquantesimo, disse che sarebbe tornato a fine carriera per lavorare nel nostro vivaio».
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