In quel campionato Inzaghi realizzò 13 reti ma poi non finì all'Atalanta, bensì al Verona (al seguito di Lino Mutti che lo aveva allenato al Leffe), quindi rientrò al Piacenza e fu ceduto al Parma. In terra bergamasca aveva però lasciato il segno e il presidente Ivan Ruggeri aveva avuto modo di conoscerlo e apprezzarlo prima a Leffe da spettatore e dopo a Verona (dove si era parlato di un interessamento da parte dell'imprenditore bergamasco per l'acquisto della società poi mai andato in porto): era dunque destino che fosse l'Atalanta a proiettarlo definitivamente nel firmamento degli attaccanti di razza della scena nazionale. Da Bergamo alla Juventus (per 20 miliardi di lire), poi al Milan (per 40 miliardi di lire più Cristian Zenoni, per lasciare il posto a un certo David Trezeguet) e in Nazionale. SuperPippo non si è mai spogliato dei suoi poteri e oggi, a 35 anni, si gode il trionfo delle 300 reti segnate tra i professionisti. E, guarda la coincidenza, guarda gli scherzi degli dei del pallone, il suo trecentesimo gol lo ha rifilato domenica al Siena, la stessa squadra che si beccò anche il primo della serie quando Inzaghi, anzi Inzaghino, vestiva la maglia biancoceleste del Leffe.
La dote straordinaria di questo giocatore è quella di unire la capacità di segnare in qualsiasi modo al fiuto del gol, che dovrebbe essere un requisito scontato per un attaccante e invece il panorama calcistico ci dice che non lo è. Inzaghi capisce un attimo prima dove arriverà la palla e quindi dove andare a colpirla: i campioni sono proprio coloro che anticipano le mosse degli avversari. SuperPippo vede la porta come pochi e riesce quasi sempre ad aprirla.
I numeri e i paragoni
Con i suoi 300 centri Inzaghi è il quarto marcatore nella storia della serie A dopo Silvio Piola (364), Giuseppe Meazza (338) e Roberto Baggio (318). Precede Alessandro Altobelli (298) e Alessandro Del Piero (287).
In quali competizioni ha messo a segno i suoi 300 gol? In 14 situazioni diverse: 145 in serie A, 46 in Champions League, 28 in serie B, 25 in Nazionale, 15 in Coppa Italia, 13 in serie C1, 10 in Coppa Uefa, 7 nell'Intertoto, 3 nell'Under 21, 2 in Coppa delle Coppe, 2 nel Mondiale per club, 2 in Supercoppa di Lega, 1 nello spareggio Uefa, 1 nella Supercoppa europea.
«Il mio erede? Il bergamasco Paloschi»
Tutti chiedono a Inzaghi come fa alla sua età ad avere ancora tanta fame di gol e ad aver conservato tanta lucidità nel farli. Non è un segreto se un giocatore è in grado, come lui, di mantenere un fisico integro, di allenarsi seriamente, e di non perdere l'entusiasmo di un ragazzo. Ma prima o poi dovrà passare la mano perché il tempo presenterà il conto. E allora chi potrebbe essere, domani, l'erede dell'attaccante milanista? Lui risponde senza indugi: «Alberto Paloschi. In lui rivedo me da giovane, in lui vedo il mio modo di muovermi in campo e di cercare la rete». Alberto Paloschi, classe '90, nato a Chiari (Brescia) ma cresciuto col pallone in terra bergamasca, alla Cividatese, la squadra del paese in cui risiede, prima di passare nelle giovanili del Milan (oggi Paloschi gioca nel Parma che detiene la comproprietà del cartellino con la società rossonera). Per un verso o per l'altro c'è sempre di mezzo Bergamo. Per questo motivo ci sentiamo così vicini alle imprese di questi ragazzi. Sì, abbiamo scritto ragazzi.
Andrea Benigni
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