Sport / Bergamo Città
Domenica 04 Marzo 2012
Atalanta, bravo Consigli
A Udine una prova di maturità
Ma si, questa volta, è il caso di autocelebrarci! A metà settimana su questo sito avevamo titolato «Un'Atalanta timorosa a Udine? No grazie, si giocherà alla pari». Così è stato sia sul risultato finale sia sull'equità delle forze in campo.
Ma si, questa volta, è il caso di autocelebrarci! A metà settimana su questo sito avevamo titolato «Un'Atalanta timorosa a Udine? No grazie, si giocherà alla pari». Così è stato sia sul risultato finale sia sull'equità delle forze in campo.
Non prevedere ormai la competitività di un organico in grado di accumulare, sin qui, qualcosa come 38 punti, ci risulta davvero difficile. Se ne è andata oltre la metà del campionato e ancora qualcuno ne dubita a ripetizione. Cosa deve fare, allora, l'Atalanta per non sentirsi affibbiare il ricorrente ruolo di team alla ricerca ossessiva dell'obiettivo salvezza? Il pareggio in Friuli ci ha confermato sesti (senza la penalizzazione), l'equivalente di una possibile collocazione in Europa nella prossima stagione sportiva.
Anche se la giustizia sportiva ci ha tolto 6 punti siamo ben al riparo dalla zona che scotta. E non è finita qui guardando sempre il bicchiere mezzo pieno. La stessa gara con la formazione di Guidolin ci ha ulteriormente confermato la solidità e la compattezza di cui la squadra deve essere rigorosamente fiera.
Non importa se il citato Colantuono doveva fare a meno di cinque titolari e che nella prima mezz'ora si è visto costretto a sostituire, per infortuni, due pedine di provata consistenza. Sul fronte opposto, poi, c'era l'Udinese magnificata all'unanimità, pressoché dall'inizio del torneo.
C'è, comunque, chi vuol pescare nel classico pelo nell'uovo, per sminuire i meriti e la validità dello 0-0 conseguito. Come? Evidenziando la decisiva parata, sul finire della sfida, di Consigli. Sicuramente provvidenziale l'intervento del numero uno atalantino ma forse, sempre Consigli, vedendosi davanti palla al piede sua maestà Di Natale avrebbe dovuto di colpo inchinarsi e magari sussurrargli anche un devotissimo «prego si accomodi»?
Arturo Zambaldo
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