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Venerdì 25 Novembre 2011
Marino tra Atalanta e Napoli
«Comunque sarà una festa»
Questa settimana nessuna risposta alle telefonate non identificabili e nessun biglietto omaggio. Sabato allo stadio porterà i figli e un suo amico. «Lo faccio perché lo stadio è piccolo».
di Pietro Serina
Questa settimana nessuna risposta alle telefonate non identificabili e nessun biglietto omaggio. Sabato sera allo stadio porterà solo i suoi due figli - Ernesto, a un passo dalla laurea in Giurisprudenza alla Luiss di Roma, e Gianmario, studente di Economia -, e un suo amico fraterno che preferisce non nominare. «Lo faccio perché lo stadio è piccolo, non posso... aumentare troppo il tasso di napoletanità sugli spalti!». Ride di gusto, Pierpaolo Marino. Domani sera ritroverà il Napoli per la prima volta dall'addio (arrivederci?) a De Laurentiis, ma è inutile chiedergli come finirà perché lui ha già deciso: «Per me sarà comunque una festa...».
Direttore... «comunque»?
«Eh sì, per forza. Si affronteranno due mie squadre, lo considererò un premio alla carriera...».
Scusi, lei di certo ha lavorato per costruire questa Atalanta. Ma ha fatto anche da consulente a De Laurentiis?
«Ma no, che avete capito! Il fatto è che questo Napoli l'ho costruito io per nove undicesimi. Nove giocatori della squadra titolare li ho presi io, poi son ostati aggiunti Inler e Cavani».
E per De Sanctis lei ha litigato con De Laurentiis.
«Divergenze che càpitano, con il presidente mi abbraccio ogni volta che ci vediamo in Lega».
Pare che lei avesse cinque anni di contratto appena sottoscritto. E s'è dimesso.
«Sì, e lì ho capito che i contratti lunghi mi portano male. A Udine sono rimasto otto anni accordandomi una stagione alla volta».
All'Atalanta è legato fino all'estate 2013, giusto?
«Esatto, questo campionato e il prossimo. Ma il mio contratto non è un problema».
Da Napoli arriva voce che lei ci potrebbe tornare. Per la terza volta.
«Sì, me l'hanno detto che circola questa voce. Ma è del tutto priva di fondamento. Io da Bergamo non mi muovo, mi sto ambientando benissimo. Qui mi sento a casa e fin quando i Percassi non mi mandano via resto di sicuro».
Lei "si sente a casa"?
«Certo, e non è uno scherzo. Io vengo da Avellino, sono un uomo di montagna, non di mare. Da me ci sono le valli come qui da voi. E le castagne... Lo sa vero che vi stiamo mandando le castagne noi da Avellino?».
Come no, qualcosa ci mandate. Le castagne e il direttore tecnico dell'Atalanta. Ma le similitudini calcistiche?
«Facile, qui come ad Avellino si respira la storia del calcio. Parlo della provincia orgogliosa, che combatte sempre... L'Atalanta ha 51 campionati di A nella sua storia, questa per me è una grande...».
Sarà grande abbastanza per battere il Napoli?
«Le ripeto: per me sarà una festa. Tutti ragazzi miei in campo, da una parte un progetto avviato alcuni anni fa che adesso sta raccogliendo i frutti, dall'altra una squadra giovane che sta progettando il futuro».
L'Atalanta sta progettando un ciclo come il Napoli? Però...
«No, lo so che il paragone è improponibile, è tra mondi diversi e di dimensioni diverse. Ma l'Atalanta sta lavorando per costruire un ciclo che altre società delle stesse dimensioni hanno già vissuto».
L'Udinese?
«È il modello di tutti».
L'estate prossima con il Napoli si dovrà definire la posizione di Cigarini.
«Non abbiamo diritti sul giocatore, è un prestito secco. Ma il Napoli gioca senza regista, il ragazzo è disposto a chissà cosa pur di restare, a noi interessa tenerlo».
E al Napoli interessa qualche giovane dell'Atalanta, pare...
«È presto, immagino che ne parleremo a primavera... E il Napoli ha un vivaio in crescita continua...».
Certo, Insigne del Pescara viene dal vivaio del Napoli...
«Come no, e al Napoli c'è pure suo fratello, classe '94, forse ancora più forte di lui...».
Lo prenderebbe?
«Non credo sia in vendita. Ma mi piacerebbe creare un rapporto preferenziale con il Napoli...».
Cominciando da Cigarini?
«Eh, vedremo. Di certo si incontrerebbero due presidenti formidabili».
Permetta: molto diversi...
«Io penso alla grande competenza calcistica di Percassi, che avendo giocato in serie A conosce perfettamente le dinamiche dello spogliatoio per averle vissute dall'interno. Ma penso anche all'incredibile sensibilità al marketing e alla comunicazione che caratterizza De Laurentiis, re dello spettacolo. Vi assicuro che sarebbe un connubio formidabile».
Certo, Atalanta e Napoli. L'eroina Atalanta che ha dato alla luce un figlio: Partenopeo...
«Ehhh, siamo pure parenti...».
Lei dice che vedrà la partita al solito posto. Qualche rito scaramantico?
«Ne ho tantissimi, li rispetterò tutti. Però ammetto di averli. Il presidente De Laurentiis allo stadio si porta i corni...».
Lo saluterà?
«Sìììììììì. Sarà un grandissimo abbraccio».
Li saluterà tutti, quelli del Napoli?
«Noooo, tutti proprio no. Almeno questo concedetemelo. Però accoglierò con una sincera stretta di mano il direttore sportivo Riccardo Bigon e mister Mazzarri. Non abbiamo mai lavorato assieme, ma lui sta valorizzando il mio lavoro con questa la squadra...».
A proposito: quanto è vero che l'estate scorsa Gargano è stato vicino all'Atalanta?
«Direi più Aronica. Gargano è fortissimo, ho avuto contatti con il suo procuratore ma ha un ingaggio che è fuori dai nostri budget».
Che partita sarà Atalanta-Napoli?
«Per noi sarà decisivo confermare l'intensità di tutte le gare giocate a Bergamo. Lo stadio dovrà darci una mano. Dopo la vittoria sul City il Napoli, che già è fortissimo, ha anche l'autostima alle stelle».
Lei chi toglierebbe al Napoli?
«Lavezzi, è il giocatore che in qualsiasi momento può cambiare la partita».
Per ora il Napoli ha conquistato quattro punti meno dell'Atalanta. Sarà così anche il 13 maggio?
«Al Napoli non glielo auguro... Io gli auguro di vincere lo scudetto...».
Come no... Ma noi ci salviamo?
«Per forza che ci salviamo... per forza...».
Denis ritrova il Napoli.
«German non ha vendette da consumare. Lo scorso anno l'Udinese ha vinto a Napoli con un suo gol, e lui a Napoli è amatissimo. Per il pubblico era un beniamino. I problemi li ha avuti con gli allenatori...».
Lei ha vinto il primo scudetto, con Maradona in campo e Bianchi in panchina. Quel Napoli è ripetibile?
«Per dieci undicesimi lo potrebbe anche essere...».
Ma Maradona...
«Appunto...».
Lei era considerato il suo pigmalione...
«Ho solo avuto la fortuna di lavorare con lui e di vivere un rapporto particolare... Ma sa qual è stata la mia più grande soddisfazione in una vita nel calcio?».
Quello scudetto?
«No, vivere la notte del 29 giugno 1986, giorno del mio onomastico, dentro lo spogliatoio dell'Argentina che aveva appena vinto il Mondiale, come "direttore del Napoli". E Diego che mi abbracciava con la Coppa in mano urlandomi che dopo quel trionfo m'avrebbe portato lo scudetto».
L'ha fatto.
«L'anno dopo l'ha fatto. Capito perché l'Argentina è la mia seconda patria? Appena posso ci vado».
Ci porterà altri giocatori?
«Sicuro... questo è sicuro...».
Intanto cominciamo a battere il Napoli.
«Ci proveremo. Questo è lo sport. Ma io non posso cancellare la mia storia, pensi che sono l'unica persona che con il Napoli ha vinto i campionati di A, B e C e la Coppa Italia. Adesso però lavoro per l'Atalanta e professionalmente voglio vincere. Però ve lo dico di nuovo: per me quella di domani sera sarà comunque una festa... V'abbraccio tutti...».
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