Tiri liberi sul basket trevigliese
Un pivot per puntare più in alto

Ma perché mai coach Simone Lottici indica soprattutto nella mancanza di intensità la causa principale della sconcertante prestazione piemontese della Comark? Se fosse così i rimedi sarebbero decisamente dietro l'angolo.

Ma perché mai coach Simone Lottici indica soprattutto nella mancanza di intensità la causa principale della sconcertante prestazione piemontese della Comark? Se fosse così i rimedi sarebbero decisamente dietro l'angolo.

Basta scorrere le statistiche della gara con Moncalieri per annotare che i trevigliesi hanno perso l'importante battaglia ai rimbalzi con i due lunghi preposti al settore, Borra e Zanella, capaci di collezionarne la miseria di tre. Se aggiungiamo che sempre la coppia di pivot ha totalizzato otto punti è il caso di mettere, come altre volte, il dito sulla piaga riproponendo, cioè, l'incompletezza dell'organico.

Proviamo, a esempio, a regalare all'allenatore cremonese un esperto giocatore di categoria da piazzare sotto i tabelloni e ne vedremo proprio delle belle. I baskettari di buona memoria ricordano con piacere che i migliori risultati il mai dimenticato Celana li ottenne quando l'allenatore Lamberto Calore dispose dei pivottoni Vinicio Mossali e Enrico Milesi e successivamente Lino Lardo Cesarone Amabili e ancora Milesi.

Allora Calore portò il team cittadino ai playoff, sfiorando il salto in A2; Lardo conseguì addirittura la promozione nell'élite del basket nazionale. Tornando coi piedi per terra eccoci a fare i conti con la realtà trevigliese e alla sua diciassettesima presenza consecutiva in Terza divisione.

Una collocazione dignitosa, anche perché supportata da un'invidiabile gestione economica. Logico, però, al tempo stesso porsi una domanda: ma i presupposti per aspirare a traguardi più ambiziosi tarderanno ancora parecchio?

Siamo dell'avviso che qualora la Comark puntasse concretamente in alto a beneficiarne di colpo sarebbe un seguito di pubblico superiore a quello attuale. Il migliaio circa di spettatori solito a frequentare le scalinate del «gioiello PalaFacchetti» è poca cosa per una provincia di un milione di abitanti, a meno che ci si accontenti di rivivere gli anni Settanta-Ottanta quando più o meno la medesima affluenza si registrava, normalmente, nella storica struttura dello Zanovello.

Arturo Zambaldo

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