Si scrive pendolare
si legge consumatore

Attenzione attenzione, uno spettro si aggira per le ferrovie lombarde. Il suo nome è pendolare, ma è un nuovo tipo di pendolare. Il travet fin se de siècle è andato in pensione, dopo una vita trascorsa a cercare il nemico invisibile, quello che lo costringeva a sudare le solite sette camicie sul solito treno sferragliante.

Unico pertugio per le sortite alla don Chisciotte del nostro eroe era l’ufficio reclami (di solito chiuso), o al più la lettera al giornale locale. E dentro, nell’intimo, l’orribile sensazione dell’inconsistenza. Il nuovo pendolare è figlio del vecchio. E del vecchio ha ereditato le ansie e le frustrazioni. Anche al nuovo pendolare capita di attendere per ore su un treno rovente fermo in mezzo alla campagna ,senza che nessuno gli dia una minima spiegazione...

Però il nuovo pendolare ha un’arma micidiale che il vecchio non aveva: lo smartphone. E, soprattutto, ha una nuova coscienza, quella del consumatore. L’approccio di chi viaggia in treno è diventato lo stesso di chi acquista un’auto o un computer: vuole essere perfettamente informato su quello che acquista. Dai modelli dei treni ai tempi di percorrenza, dai contratti di servizio alle gare d’appalto. Il «pendolare consumatore» le sa tutte, e il guaio è che non le tiene per sé, come accadeva al suo predecessore, il «pendolare utente». Il consumatore non ha remore, non esercita la pietà verso il nemico: pubblica tutte le informazioni, le condivide, chiama in causa politici e dirigenti.

Il suo potere di mobilitazione è straordinario: non c’è ritardo o disservizio che non venga rimbalzato impietosamente su Twitter, dove i volenterosi cinguettii del profilo ufficiale di Trenord vengono spazzati via dalla gioiosa (si fa per dire) macchina da guerra dei comitati. Che da contenitori sterili di rabbie e frustrazioni ad alto tasso dispersione sono diventati soggetti politici sempre più credibili. E ora, così ci pare, qualcuno inizia seriamente ad ascoltarli. La battaglia è ancora lunga: #firmapendolare.

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