Nepal, quando un sorriso
sconfigge il terremoto

Mentre preparava lo zaino per il suo viaggio in Nepal, mai avrebbe pensato di assistere alla tragedia del terremoto, che ha devastato villaggi e famiglie intere. Mai avrebbe pensato di conoscere la paura, quella vera, così da vicino.

Ma nonostante tutte le paure e le cose inaspettate che si è trovato davanti, Andrea Albergoni – 27enne originario di Torre Boldone, ma ormai londinese acquisito – è rimasto lì, in Nepal, per dare una mano. Andrea tornerà a casa tra due settimane, anche se poteva abbandonare il campo da tempo, appena dopo il terremoto. Ma i sorrisi del popolo nepalese lo hanno trattenuto: «Un po’ per coincidenza, un po’ a causa della seconda scossa, tutti i volontari internazionali sono partiti e da due settimane sono rimasto con chi ha istituito la Fondazione, che mi ospita, ormai sono la mia famiglia adottiva, non mi considero assolutamente solo – spiega Andrea –. Lavorare con la gente della fondazione mi dà forza, le risate e gli scherzi non mancano mai, sedersi all’ombra di un albero e condividere quel poco che hanno con un sorriso che viene dal cuore, fa passare la paura. Con questo non voglio dire che non mi spaventi quando la terra ancora trema, dato che di scosse di assestamento ne abbiamo tutti i giorni, ma credo mi abbiano trasmesso la loro forza d’animo».

Andrea vive a Londra da 8 anni, dove si è laureato in sviluppo sostenibile, ottenendo poi un master in conservazione della biodiversità e turismo. Da gennaio è in Nepal, in un villaggio a 20 chilometri a sud di Kathmandu, dove lavora per la fondazione, impegnata a creare e sostenere diverse attività ecosostenibili per dare un impiego alle persone del villaggio: «Avevo una settimana di tempo per decidere, ma dopo due giorni avevo capito che sarei rimasto – spiega –. L’atmosfera intorno alla fondazione è assolutamente magnifica, gli edifici fatti di bottiglie e l’orto biodinamico danno davvero un tocco magico al villaggio. Il rapporto con le persone che vivono qui è stupendo, non passo giorno senza aver scambiato un centinaio di sinceri sorrisi, che mi lasciano tuttora stordito pensando alla bontà d’animo del popolo nepalese».

Nel villaggio si svolgono tantissime attività: dall’orto biodinamico si producono marmellate, con le api si produce miele, c’è un laboratorio di gioielli e piccoli manufatti, un eco cafè e un asilo con metodo Waldorf. Ma con il terremoto, spiega Andrea, la vita al villaggio è stata stravolta: «Ci siamo improvvisati muratori e carpentieri – racconta Andrea –. Abbiamo un team di circa 20 persone che aiutano quotidianamente nei lavori. Da ormai un mese spendo le giornate a costruire ripari provvisori fatti di bamboo e lamiere per chi ne ha più bisogno e a distribuire materiale per chi se lo può costruire da solo. Finora abbiamo realizzato rifugi per 18 famiglie e distribuito materiale ad altre 141. Con un’autocisterna distribuiamo acqua a più di 20 mila persone nei villaggi vicini e stiamo preparando il necessario per creare una clinica mobile. Un’altra parte fondamentale è raccogliere fondi, tramite eventi, amici e istituzioni internazionali».

E nella disgrazia, qualcosa di eccezionale è successo anche nel piccolo villaggio dove si trova Andrea: «Gli edifici, fatti con materiale ecocompatibile come bamboo, bottiglie di vetro e fango non hanno subito danni gravi. Questo ha attirato l’attenzione di molte persone – spiega il bergamasco –. Tre tedeschi, con tanto di ingegneri nepalesi appresso, sono arrivati alla fondazione qualche giorno fa per costruire altri due modelli di case fatte di materiali ecocompatibili. Con la stagione dei monsoni alle porte è una priorità trovare delle soluzioni al problema delle abitazioni, che dovranno essere ricostruite tenendo conto di possibili terremoti futuri».

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