Spigoli
Giovedì 09 Ottobre 2014
Roma, l’ultimo metrò
finisce nel Pantano
I romani, ai quali va riconosciuto l’indubbio pregio di un humour scarnificante, avevano già capito tutto. E da mo’… Quando in rete era circolato il farneticante messaggio del’Isis
«Conquisteremo la vostra Roma, eccetera ecc…» non avevano fatto un plissè: «Tanto ve annate a schiantà contro i lavori della metro C» avevano replicato in un esilarante botta e risposta on line diventato subito virale. E avevano ragione.
La metro C l’ha vista chiunque è stato a Roma. O meglio, abbiamo visto tutti i cantieri davanti all’altare della Patria, da anni. C’è chi dice che sono lì prima dell’altare stesso, ma probabilmente è un romano. Sulla carta (rigorosamente) taglierà l’Urbe da parte a parte, dai quartieri a Sud fino appena sopra il Vaticano: in pratica è andata a cozzare contro qualsiasi ostacolo, al netto di quelli, come dire, storico-artistici. Perché se uno comincia a tirare due colpi di ruspa in Città Alta e trova dei resti romani, secondo voi cosa può trovare a metri zero dai Fori imperiali? Ecco, aggiungiamoci progetti spannometrici, inerzie burocratiche, qualche meccanismo da oliare e i conti sono presto fatti: il danno erariale per il solo ritardo nei lavori che sarebbero dovuti partire nel 2007 è stato calcolato in 363 milioni di euro. A fronte dei 3 miliardi e 47 milioni previsti. Parola della Corte dei Conti.
Ora, sorvolando sui tempi di realizzazione raddoppiati, sabato 11 ottobre era il gran giorno dell’inaugurazione. Non della tratta più urbana e centrale dove si sta ancora scavando e facendo la cernita di reperti vari, ma quella più esterna, periferica, sulla carta meno problematica: da Centocelle (e qualcuno ha già cominciato a fare gli scongiuri pensando ad un blitz delle Fiamme Gialle & dintorni) a Pantano. E siccome a Roma i toponimi se non spiegano tutto dicono sicuramente molto, la C nel pantano ci è finita dritta sparata. La Commissione di collaudo del ministero non ha rilasciato il nulla osta. Tutto fermo.
Ignazio Marino, sindaco di Roma (con fermata a pochi metri dalla futura linea C) è partito lancia in resta: ignoriamo se per arrivare al ministero abbia inforcato la sua adorata bicicletta, ma si sa che si è piazzato negli uffici di Porta Pia sperando di aprire una breccia in quello che ha definito «il muro di gomma». E se lo dice lui… «Non me ne vado da qui finché non so di chi è la colpa» ha proditoriamente affermato. Salvo poi tornarsene al Campidoglio con il suo bravo verbalino (figuriamoci quanto ci vuole a redigerne uno nella capitale planetaria della burocrazia) che dimostrerebbe l’assenza dei requisiti minimi di sicurezza per un impianto che, nota bene, viaggerà senza conducente, completamente automatizzato. Come la linea 5 di Milano, per capirci, solo che a Roma si stanno già domandando chi potrebbero mandare a quel paese una volta in carrozza.
Morale, se ne riparla a data da destinarsi. Tra le altre cose, pare che nelle stazioni sia stata fatta una sconcertante scoperta: tra la banchina e i treni c’è uno scalino di 6 centimetri. Cose che capitano. «Nessuno uscirà dal Campidoglio finché non avremo soluzioni certe e date sicure» ha tuonato via Twitter Marino. Pare che si stiano tutti mettendo comodi, persino il Marco Aurelio… Castore e Polluce, i due dioscuri, si sarebbero invece incamminati direzione Colosseo: lì passa la linea B, ‘na sicurezza…
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