Se la democrazia
finisce democraticamente

«In queste ultime settimane ho sentito la necessità di riprendere in mano un libro che avevo letto parecchi anni fa e mi aveva molto intrigato. Il titolo italiano è “Come si diventa nazisti” e l’autore è uno storico americano, William Sheridan Allen»

Con un lungo lavoro di ricerca d’archivio e raccolta di testimonianze ha ricostruito quasi giorno per giorno, in ogni dettaglio e da ogni punto di vista, quanto avvenne in una città tedesca, un piccolo e tranquillo centro di diecimila abitanti dell’ ex regno di Hannover, fra il 1930 e il 1935, cioè negli anni che videro la fine della Repubblica di Weimar e la nascita del Terzo Reich.

CRISI ECONOMICA E CAPRO ESPIATORIO Come riuscirono i nazisti di Thalburg (in realtà Nordheim) ad attirare sulla propria formazione il voto di gran parte della borghesia locale, e di una quota non indifferente di operai e lavoratori? Per comprenderlo, bisogna per intanto comprendere qual era la situazione in cui gli attori principali decidevano le loro mosse. Disoccupazione, inflazione, umiliazione: alle tre grandi ferite della Germania del primo dopoguerra il partito nazista diede l’illusione di poter rispondere, e raccolse il consenso necessario mostrando a ciascuno la faccia giusta. Una grave crisi economica, il rimbombo di slogans e parole d’ordine, la ricerca ossessiva di un capro espiatorio perforarono l’apparente solidità di un sistema culturale e politico.

Già sul finire degli anni Venti la depressione economica aveva cominciato a colpire duramente il comune di Thalburg. I piccoli commercianti lamentavano la caduta dei consumi; parecchi negozi noti chiusero i battenti. Un senso di insicurezza crescente per il futuro di sé e dei propri figli pesava su gran parte della popolazione. Il tutto si era trasformato da anni in un diffuso discredito della classe politica, giudicata incapace di trovare soluzioni decenti all’una come all’altra questione.

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