Per lavorare oggi
bisogna essere supereroi

La fantasia oggigiorno non è morta, ha solo cambiato format. Ai tempi del precariato, dei co.co.pro. e del Jobs Act, l’originalità si misura in un’inedita location: le bacheche on-line delle offerte di lavoro. In barba ai corsi di scrittura creativa e alle specializzazioni in marketing e pubblicità, i veri geni della sintesi creativa sono loro: gli ideatori degli annunci lavorativi.

Coloro che in poche righe riescono a suscitare nel giovane precario un’infinita gamma di sensazioni: curiosità («ehi, questo lavoro potrebbe fare al caso mio!»), speranza («Dai, ci provo! Magari è la volta buona»), dubbio («Mah, a cosa servirà la conoscenza dell’aramaico per un posto di receptionist?»), insicurezza («Io non lo so l’aramaico, non mi prenderanno mai»), dubbio («Ma davvero… perché vogliono che sappia l’aramaico??»), rabbia («Come faccio ad essere neolaureato con almeno cinque anni di esperienza lavorativa?») e infine sconforto impotente («Vabbeh, è sempre la stessa cosa»).

Nella classifica degli annunci di lavoro bizzarri e da presa-per-i-fondelli, la medaglia di bronzo va a quelli che utilizzano termini inglesi solo per darsi un tono e per far credere all’ingenuo (o disperato) precario che quella è un’occasione d’oro. E allora, ecco che compaiono ricerche di web content editor, copyrighter junior, art director o management officer, con capacità di lavorare in team e molto highly skilled, con una forte predisposizione al business e interessati al brand development. Il tutto, magari, per un posto come centralinista interna.

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