«La mia vocazione
nasce da una domanda»

La mia vita scorreva tranquilla: scuola, amici, innamoramenti vari, una famiglia normalissima. Poi un giorno il mio curato mi invita a una serata di preghiera per le vocazioni al sacerdozio. Ci sono andato semplicemente perché ero catechista e mi sentivo di dover dare l’esempio: avevo sedici anni.

Il momento di preghiera era animato dai ragazzi del liceo del seminario: avevano la mia età. Suonavano e cantavano molto bene, si vedeva che era per loro una consuetudine pregare insieme. La meditazione venne proposta dal vicerettore della comunità del liceo. Non ricordo molto, solo una frase che mi colpì e mi rimase nella mente: «Il Signore continua a chiamare anche oggi, forse siamo noi che non ci poniamo più la domanda se, magari, sta chiamando anche noi».

Più o meno era questa la provocazione. Uscii dalla preghiera abbastanza contento e sereno. Una partita a biliardino con gli amici e poi a casa. Mentre mi preparavo per andare a dormire, mi sono ripromesso che io, per essere in pace con me stesso, quella domanda me la sarei posta. E iniziai a pensare: non è che il Signore sta chiamando proprio te? Ero sicuro che la cosa fosse improbabile. Io, stile fighetto, sempre in giro, impegnato politicamente, niente avevo a che fare con la vita che conduceva il mio curato. Eppure successe una cosa strana, da quando mi sono posto quella domanda, non sono più riuscito a dire di no. E meno dicevo di no, più mi sentivo sereno, e quello che vivevo durante la Messa domenicale e la mia partecipazione alle varie attività come catechista assumevano gradualmente un significato diverso, con un coinvolgimento sempre più intenso. Precisamente questo cammino mi ha portato dal non riuscire a dire di no, al dire di sì. E senza condizionamenti. Ricordo che quando lo dissi per la prima volta al mio curato, pensavo che avrebbe fatto i salti di gioia. Anzi, mi disse di non arrivare a conclusioni frettolose e di imparare a pregare, perché quello mi avrebbe comunque fatto diventare un buon cristiano.

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