Il sindaco di Lodi
magistrati e politica

L’arresto del sindaco di Lodi, Simone Uggetti, ha scatenato uno sciame sismico, che è ben lungi dall’essersi acquietato.

L’accusa è di turbativa d’asta. Il sindaco, in complicità con l’avvocato Marini, avrebbe favorito una società sportiva comunale, ai danni di una società privata. La sorella del proprietario nonché funzionaria comunale ha innescato l’inchiesta con una denuncia. Il GIP Isabella Ciriaco ha deciso il carcere per i due, invece che i domiciliari, giustificando la scelta con il fatto che i due conoscono troppo bene i meccanismi politico-amministrativi e, per di più, sono dotati di smartphone: questo basterebbe loro per continuare a delinquere anche dalle loro case.

La decisione ha sollevato obiezioni tecnico-giuridiche e questioni politiche. Quelle tecnico-giuridiche riguardano la sproporzione tra il reato e le misure di custodia cautelare. Finora non si era mai vista una tale misura – il carcere – per un reato simile, considerata l’entità della cifra in ballo: 4.000 euro. Ben più pesanti le obiezioni culturali e politiche. In effetti, le motivazioni dell’ordinanza sembrano ispirate ad una ideologia illiberale e totalitaria, la cui summula è stata sistematizzata in questi giorni da Pier Camillo Davigo, neo-eletto presidente dell’Associazione nazionale magistrati: tutti i politici sono ladri, non esistono innocenti, ma solo colpevoli non ancora scoperti, secondo un nuovo dogma, quello della presunzione di colpevolezza universale. Alle spalle sta una vecchia idea di Mani Pulite: non si tratta di punire degli individui, ma di abbattere un regime. La conseguenza è che il corpo dei magistrati si pone al di sopra della politica rappresentativa – il Parlamento – e di ogni altra istituzione come unico custode dell’etica pubblica.

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