Rubriche / Bergamo Città
Lunedì 17 Agosto 2015
Si sviluppa il Sud
se lo Stato è anti Stato
Il governo ha stanziato circa 100 miliardi di euro, di cui 54 del Fondo di coesione e gli altri di provenienza Ue, per invertire il sottosviluppo «greco» del Sud. Si tratta di una vecchia illusione. La Cassa del Mezzogiorno ha convogliato verso il Sud, dal 1950 al 1984, un fiume di centomila miliardi, che sono andati a perdersi in autostrade mai finite, in edilizia popolare atroce, in cavalcavia verso il nulla, in industrie-cattedrali nel deserto, in distruzione del territorio, in clientele e mafie, in un deserto civile e produttivo. Beninteso non tutto, non tutti.
Ma molto spesso la retorica del bene che c’è, anche al Sud, impedisce di vedere il male che prevale. Il Sud è la nostra (Magna) Grecia. E come la Grecia è stata commissariata dalla «troika», così l’Italia dovrebbe commissariare la propria Grecia interna.
Chi si deve «commissariare»? La società civile? La società civile meridionale conosce da sempre una divisione tra élites, talora illuministico-liberali, e un popolo che oscilla tra ribellismo anarchico e rassegnazione/complicità con i poteri forti, tra cui la mafia, la camorra e la ’ndrangheta. Classi dirigenti e popolo sono comunque alleati nel considerare lo Stato di tutti come una carcassa da scarnificare, come opportunità di uso privato di risorse pubbliche. Dovunque esista un ramo dell’amministrazione statale, lì c’è l’uso privato di bene pubblico. L’autonomismo siciliano è la massima proiezione ideologica e istituzionale di questa filosofia. Non importa quanti dirigenti regionali si paghino, quante società pubbliche si istituiscano: tanto è lo Stato nazionale che salda i debiti. Ultimo episodio è quello dei 500 milioni stanziati per salvare Crocetta dal default. Finchè lo Stato nazionale finanzia, la società civile non ha interesse ad assumersi responsabilità, a premiare il merito, a punire il crimine.
Tuttavia, non la si può commissariare; si può solo lasciarla a se stessa, inchiodarla alle proprie responsabilità. Sarebbe la via federale: spendi solo ciò che produci, lo Stato federale ti aiuta solo se rispetti degli standard. Sarebbe il modello tedesco dei Länder. Commissariare la politica? Neppure questo funziona, perché nessun partito è in grado di farlo con il proprio Sud. Le catene del consenso locale sono per i partiti più forti dell’interesse pubblico e nazionale. D’altronde, la politica è solo la carta assorbente della società civile che c’è. E se provassimo con lo Stato? La società italiana è percorso dalla minutissima rete di vasi sanguigni dello Stato: i ministeri, la scuola, l’università, la sanità, la magistratura, le prefetture, le forze dell’ordine, le Regioni, i Comuni, le società pubbliche... Con due funzioni: dare lavoro a qualche milione di persone e fare da scheletro, che sostiene il funzionamento della società civile. Questo è il governo reale dell’Italia, ancorchè non eletto da nessuno.
Ora, mentre nello statalismo europeo lo Stato impone un’etica pubblica alla società civile, nello statalismo all’italiana, retto dal formalismo stringente di leggi, regolamenti e circolari, non c’è etica pubblica. Lo Stato è parassitato da una società civile frammentata in corporazioni, clan, poteri criminali e da una politica debole, subalterna e spesso vigliacca. Ora, è questo Stato amministrativo che la politica democratica e il governo devono commissariare severamente, senza indulgenze e perdoni, introducendo il principio di responsabilità, di accountability, di merito, di repressione. La riforma Madia va molto timidamente in quella direzione.
Ma, più che le leggi, servono atti della politica e dei vertici delle amministrazioni, qui e subito. Occorre un neo-centralismo severo, che elimini i centri autonomi di spesa, gli statuti speciali e che introduca standard nazionali, che licenzi i dirigenti incapaci, i funzionari infedeli, i dipendenti fannulloni. Certo, il federalismo era la soluzione ideale. Ma, a quanto pare, è stato solo una luminosa stella cadente.
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