
Alpini 2010 / Bergamo Città
Giovedì 11 Marzo 2010
Grande guerra: da venerdì mostra
della battaglia più alta degli alpini
Un ufficiale bergamasco, il tenente degli alpini Guido Ferrari, di Treviglio, del battaglione Mondovì, prese parte ai combattimenti che portarono alla conquista del San Matteo da parte italiana. In particolare, l'11 maggio 1918, dalla Val Cerena in Valfurva, guidò ottanta alpini ad occupare la cima San Giacomo, una posizione importante per la successiva battaglia venendo decorato con Croce di guerra.
Appassionato di fotografia, il tenente Ferrari scattò molte immagini durante la guerra. Una buona parte andò perduta nelle convulse giornate di Caporetto. Molto importante è la serie di scatti con cui documentò la zona di operazioni dell'Ortler Cevedale, con immagini di rara qualità e grande suggestione dei luoghi e della grandiosità degli ambienti d'alta quota dove operavano gli alpini.
Queste fotografie da venerdì 12 marzo potranno essere viste all'interessantissima mostra «Ricordi della Guerra bianca sul San Matteo», che verrà inaugurata al Palamonti alle ore 18,30. La mostra, curata da Gege Agazzi, pronipote di Guido Ferrari, rimarrà aperta fino al 26 marzo, ed è stata organizzata tra gli eventi in occasione dell'adunata nazionale degli alpini del 9 maggio prossimo a Bergamo.
Guido Ferrari, nato nel 1882, è figura non ancora molto conosciuta per il contributo dato all'alpinismo bergamasco e allo sviluppo dello sci tra le Orobie, di cui fu un pioniere. Fu tra i primi a usare gli sci in montagna assieme a personaggi come Perolari, Tavecchi, Sala, Legler; nel 1913 si aggiudicò lo «sci d'oro» in occasione delle gare nazionali di sky (allora si scriveva così) organizzate alla Cantoniera della Presolana dallo Sky Club Bergamo.
Ma ancora prima, giovanissimo, si distinse in notevoli imprese alpinistiche. Tra l'altro, nel 1909, assieme al fratello Antonio, organizzò i primi soccorsi alla comitiva di otto persone che l'8 dicembre venne travolta da una massa di neve fu staccatasi dal versante settentrionale del passo dei Laghi Gemelli; nell'incidente rimase ucciso Battista Oliva, che è considerato il primo sky-alpinista vittima di una valanga sulle Alpi.
Dopo aver salito in invernale il pizzo Redorta riportato congelamenti alle dita dei piedi, nel 1907 aprì una via sulla parete nord del pizzo del Diavolo di Tenda e un'altra sul pizzo Scais. Prima dello scoppio della guerra, in compagnia di Antonio e Carlo Locatelli effettuò la traversata dei Lyskamm, a quei tempi un'impresa notevole.
Tra le altre ascensioni degne di nota della sua lunga attività alpinistica, una nuova via sul Buttiglione, una guglia ai piedi dell'Alben, aperta nel 1929, e la prima ascensione, nel 1943, su una punta dell'Alben; portò a termine varie salite su importanti cime delle Alpi e continuò ad arrampicare anche in età avanzata. Nel 1949, all'età di 67 anni, raggiunse la vetta del Cervino.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale, fu arruolato inizialmente in fanteria e, dopo il corso allievi ufficiali all'Accademia di Modena, combatté con il grado di sottotenente, all'Ortigara e sul Carso. Ottenuto il tanto sospirato passaggio alle truppe alpine, con il grado di tenente fu assegnato al battaglione Mondovì. Prese parte alle operazioni sulle montagne della zona del passo Gavia tra cui, appunto, ai combattimenti per la conquista del monte San Matteo.
In tutto il corso della guerra il tenente Ferrari portò con se la macchina fotografica, che usava con particolare abilità. Di grande importanza le immagini «stereo» scattate sul fronte dell'Alta Valtellina. Una parte delle pellicole originali si è salvata, di molte foto è rimasta solo la copia su un album conservato in famiglia dopo la sua morte, avvenuta nel 1972.
Sono immagini di grandissimo interesse - utilizzate anche per illustrare il volume «Battaglie per il San Matteo» (Alpinia, 2008) - per qualità e bellezza delle riprese, ma anche come documento di una «guerra impossibile» che gli alpini avversari combatterono in condizioni ambientali estreme, tra neve e ghiaccio, nella corona di splendide montagne.
Pino Capellini
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