Tutto blindato

La pioggia è battente, l’estate non può che essere torrida, il Natale corrotto dal consumismo, il sole a picco, i tempi biblici, il delitto efferato, la catastrofe imminente, il disastro annunciato. E la Scala blindata anche se non lo è.

Siamo prigionieri dei luoghi comuni al di là della paura e degli eventi. La colpa è del corto circuito mediatico (altra perla), che avanza imperterrito nella storia per frasi fatte e negli ultimi anni, quelli della rivoluzione multimediale, ha offerto il suo contributo alla cultura di massa trasferendole allegramente sul web. Lunedì alla Scala la gente affluiva, mostrava il biglietto, si sottoponeva (a campione) al metal detector di poliziotti gentili, annusava l’aria con retrogusto di scontato petardone leonka, entrava nel pigia-pigia del foyer, calpestava lo strascico a qualche starlette così sprovveduta da immaginarsi in passerella invece che in funivia, osservava l’eleganza casual di Patty Smith, assisteva a una notevole Giovanna d’Arco di Verdi, sorseggiava un caffè nella pausa, ammirava la facciata della cattedrale di Reims riprodotta da geniali scenografi, partecipava alla standing ovation di otto minuti per Chailly e l’orchestra e i cantanti. E poi se ne andava nella notte a casa sua mentre alla tv la Scala blindata continuava a somigliare all’ultimo ridotto della Civiltà assediata dal Male. È questo che vogliamo? Distorcere la verità fino ad appiattirla a un immenso luogo comune a disposizione di cittadini in astinenza da breaking news, sempre più suggestionati o sempre più disinteressati? Sarebbe un errore letale, finiremmo per abitare un limbo in cui fra giornalismo e fiction non c’è più differenza. Se vale l’effetto-sorpresa, all’Isis non importava niente della Scala. Prima notizia del giorno dopo: «San Pietro blindata».

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