Torna il sottotetto

In tre giorni hanno ripristinato il sottotetto evidentemente spaventato dalla vibrante indignazione degli italiani non così in ferie con il cervello da far passare inosservata una simile furbata.

Il Parlamento italiano ha deciso con una velocità tedesca di rimettere il limite massimo agli stipendi dei commessi della Camera, tolto con un blitz giovedì scorso dalla Commissione per il personale formata per intero (e qui sta la ragione della retromarcia a siluro) da deputati del Pd. Cosa fosse saltato in testa ai geniali onorevoli già sbilanciati verso le vacanze con le pinne o le piccozze in valigia, nessuno può saperlo.

Avevano deciso di accogliere il ricorso di alcuni dipendenti parlamentari (documentaristi, centralinisti e commessi, vale a dire gli addetti all’aula, quelli che tentano di ridurre alla ragione, in guanti bianchi, i politici più maleducati) e di togliere il loro tetto di stipendio, fissato per legge nel 2014 a 135.000 euro, compenso di lusso. Così facendo, i commessi a fine corsa avrebbero potuto guadagnare come un funzionario, addirittura 240.000 euro, stipendio supersonico di questi tempi.

La presidente della Camera, Laura Boldrini, ha capito la pericolosità della gaffe istituzionale e ha subito chiesto la sospensione del provvedimento, accolta dal collegio d’Appello presieduto da Mauro Guerra (Pd), che essendo anche sindaco di lungo corso (Tremezzina, lago di Como) è abituato a stare con i piedi dentro la realtà e non ha avuto problemi a disinnescare la trappola. Per 45 giorni la situazione non cambierà, poi la faccenda sarà esaminata nel merito e la Camera dovrà dire in modo definitivo agli italiani se il risparmio di spesa sui dipendenti sarà di 60 milioni (come previsto dalla spending review) o di 13. Scommettiamo che il sottotetto resiste?

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