Tempi biblici

La sentenza della Consulta sull’incostituzionalità di una parte della legge Fornero ha fatto saltare i conti. Inutile mettere lo zucchero sulla pillola, al governo mancano cinque miliardi dalla sera alla mattina ed è probabile che dopo l’estate Renzi e Padoan tornino a bussare alla porta dei cittadini già ampiamente spremuti.

Qui però vorremmo ragionare sui tempi biblici della sentenza, poiché di giudici si parla, e addirittura di giudici della Corte Costituzionale, vale a dire i più raffinati e i meglio stipendiati d’Italia. Ecco, la task force del diritto ha impiegato tre anni a emettere il giudizio. La legge che bloccava la rivalutazione delle pensioni a partire da quelle tre volte superiori al minimo - varata dal governo Monti per evitare il fallimento dello Stato con lo spread a 574 - ha cominciato ad avere effetti col governo Letta e ha proseguito la sua strada scricchiolante col governo Renzi.

In tutto questo tempo nessun messaggio dal palazzo della Consulta. Eppure un provvedimento così delicato, decisivo e invasivo, varato dall’esecutivo e firmato dal capo dello Stato, certamente messo a punto con la consulenza di schiere di legali del Parlamento e del Quirinale (che oggi in teoria dovrebbero rischiare il posto), è stato preso in mano tre anni dopo. Per tre anni gli italiani, sui quali la legge ha ricaduta diretta, hanno subìto un torto dallo Stato anche perché la Corte Costituzionale aveva messo altro - e ci piacerebbe sapere quali siano i criteri di urgenza - in calendario. Ci fermiamo qui, confermando che la lentezza della Giustizia comincia dai suoi massimi livelli.

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