Se il Comune vende uova

di Giorgio Gandola

È certamente poco allegro cominciare il weekend con un urlo di questo tipo, ma oggi non ci veniva di meglio. Ricordate il commissario Cottarelli (con quel volto da duro a mezzavia fra l’ispettore Callahan e il tenente Colombo) piazzato a suo tempo da Enrico Letta a spulciare fra gli sprechi di denaro degli enti pubblici?

È certamente poco allegro cominciare il weekend con un urlo di questo tipo, ma oggi non ci veniva di meglio. Ricordate il commissario Cottarelli (con quel volto da duro a mezzavia fra l’ispettore Callahan e il tenente Colombo) piazzato a suo tempo da Enrico Letta a spulciare fra gli sprechi di denaro degli enti pubblici?

Continua imperterrito il suo lavoro, nella speranza che prima o poi - oltre a fotografare la situazione - recida i rami secchi. La sua ultima scoperta è singolare: le società partecipate dal pubblico (Stato, regioni, province, comuni) sono un colabrodo e provocano ai conti dello Stato un buco di un miliardo e duecento milioni l’anno. In attesa di un piano di razionalizzazione che dovrebbe arrivare entro fine luglio, veniamo a sapere che le società di servizi sono circa diecimila, delle quali solo un quinto è in attivo.

E guardacaso si tratta di quelle che erogano solo servizi ai cittadini, le municipalizzate costituite per operare nei settori specifici. Il buco nero è invece rappresentato dalla miriade di società realizzate per regalare poltrone e stipendi, nelle quali l’ente pubblico entra per motivi apparentemente misteriosi. Che ci fa un Comune dentro uno zuccherificio? Che ci fa una Provincia nella «produzione di prosciutti, in un’agenzia di viaggio o nella lavorazione delle uova»? (parole di Cottarelli).

Un tempo spacciate per investimenti irrinunciabili, queste società sono diventate presto una palla al piede per i cittadini. Con un’aggravante, l’ente pubblico non taglia nè chiude. Di solito, con i soldi degli ignari contribuenti, ripiana.

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