Referendum

Neanche 24 ore dopo il referendum britannico ecco che la democrazia popolare ne reclama altri. Lo stesso Regno Unito ne chiede immediatamente uno per rientrarci, con due milioni di firme che hanno mandato in tilt il sito del Parlamento.

La Scozia ne sta preparando uno per uscire dalla Gran Bretagna, visto che non tiene conto dei suoi accordi con Bruxelles (paura di perdere sovvenzioni), e l’Irlanda europeista convinta sarebbe sulla stessa strada. Dobbiamo anche registrare la richiesta di un referendum da Marine Le Pen in Francia, con analoghe fibrillazioni in arrivo da Olanda, Svezia e Danimarca, vale a dire l’Europa a gettone del «quando mi fa comodo ci sono». Non poteva rimanere indietro Matteo Salvini, il quale a gran voce pretende una consultazione identica senza sapere che la nostra Costituzione non la consente (qui solo materia abrogativa).

In attesa della quintessenza del referendum - quello costituzionale in ottobre - e subito dopo aver fallito nel disinteresse generale quello delle trivelle, il popolo referendario del continente non teme né la stanchezza, né la calura. Dal 1° luglio la Slovacchia avrà la presidenza dell’Ue, e infatti Bratislava pensa di celebrare l’evento indicendo un referendum per uscirne. In tutto questo s’avanza, sull’esempio della Brexit, anche la Lexit (London exit). La cosa va spiegata. Poiché nella metropoli multiculturale più all’avanguardia del pianeta la decisione dei «leave» non è piaciuta, ecco che già si raccolgono le firme per mantenere la capitale con oltre 8 milioni di abitanti dentro l’Europa. Presidente dell’enclave, il nuovo sindaco Sadiq Khan.

A questo punto una domanda s’impone: ma l’abuso di referendum è la quintessenza della democrazia o un gioco da spiaggia? Per rispondere propongo un referendum.

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