L'Urlo
Venerdì 15 Agosto 2014
Quel treno per Coira
di Giorgio Gandola
C’è qualcosa che non va nel mondo se anche un treno svizzero deraglia. Non capita neppure nei plastici per far felici i bambini, anche lì per tradizione i convogli elvetici partono in orario, arrivano puntuali e non escono mai dai binari.
C’è qualcosa che non va nel mondo se anche un treno svizzero deraglia. Non capita neppure nei plastici per far felici i bambini, anche lì per tradizione i convogli elvetici partono in orario, arrivano puntuali e non escono mai dai binari.
Eppure è successo, alcune famiglie piangono, tre vagoni sono rimasti appesi al nulla per alcune ore a Tiefencastel, fra Saint Moritz e Coira, nella foresta delle favole che ciascuno di noi ha imparato ad ammirare almeno una volta in vacanza. Il trenino rosso (anche se questo lo era solo parzialmente) accompagna i turisti che si avventurano nei Grigioni e in Engadina, è una presenza discreta che significa silenzio, rispetto per la natura, efficienza.
Tradito da una frana, da un pugno ai fianchi partito dalla montagna, è finito fuori binario. E noi con lui, ammutoliti di fronte a quelle fotografie che indicano come persino in Svizzera possa accadere, per fatalità o incuria, ciò che siamo abituati a giudicare con sguaiata autoflagellazione qui da noi.
La natura è cosa viva, respira e si muove, qualche volta dalla parte sbagliata. E ci costringe a tenerne conto, accompagnati dal senso dell’infinitamente piccolo che è la nostra condizione. Succede anche in Svizzera, quindi può succedere. Questo non significa essere passivi e fatalisti, ma neppure cercare colpevoli in fondo a inchieste giudiziarie qualche volta cervellotiche. Piuttosto, resta l’ammirazione nei confronti di un popolo che in tre ore ha risolto l’emergenza, ha messo in sicurezza i vagoni pericolanti (noi in Liguria abbiamo impiegato più di un mese) e non ha strillato al complotto degli elementi.
In una parola, svizzeri. Buon Ferragosto a loro, e soprattutto a voi.
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