Morire in pace
Chiedeva solo di morire in pace. E invece lo zio è ancora in attesa di sepoltura, in balìa di una burocrazia che riesce a frustrare irrimediabilmente i vivi ma anche a far perdere la pazienza ai morti. Dopo una lunga malattia, sabato lo zio di un caro amico è spirato in un hospice di Crema.
Al di là del prevedibile dolore di parenti e amici, sembrava tutto regolare. E invece sì è subito scoperto che il giorno e il luogo sarebbero diventati un intoppo non da poco per soddisfare la fame di carte della bulimica macchina amministrativa italiana.
Il problema è che, da vivo, lo zio aveva la residenza a Casirate d’Adda (provincia di Bergamo) cosa che ha creato più di una difficoltà nel trasferimento dei documenti nei giorni prefestivo e festivo. Così la data del funerale è stata fissata per martedì, vale a dire oggi, addirittura tre giorni dopo il decesso. Si sa che il sabato pomeriggio gli uffici sono chiusi, la domenica è tabù anche davanti alla morte e il lunedì - almeno a Crema - gli uffici comunali rimangono aperti fino alle 11.30. Gli impiegati non erano per nulla certi di poter espletare la mole di formalità in così poco tempo, e senza carte non si ha neppure diritto ai due metri di terra consacrata.
Niente da dire per una lunga attesa (di sepoltura) in conseguenza di un fatto di sangue, di un incidente automobilistico, di una circostanza misteriosa che necessita di indagini accurate. Ma qui si trattava di una malattia. Nessun mistero, poteva bastare la diagnosi del medico. E invece tutto si è complicato e le lacrime di dolore per il parente si stanno confondendo con quelle di rabbia per i veti incrociati della pubblica amministrazione anche in campo funerario. Anche per la livella serve il certificato di conformità.
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