Manca l’aria

«C’ è un’aria\che manca l’aria». Fischiettare Gaber è un azzardo visto che venerdì l’ha fatto Renzi, ma poiché seguivamo i concerti del Cerutti Gino quando il premier non era ancora nato, speriamo di passarla liscia. L’aria è pessima nel Paese. Le contrapposizioni sono sempre più chiare e il desiderio di conservazione degli apparati è sempre più forte.

Il governo in bermuda ci prova con la verve incosciente del suo leader, l’Europa apprezza, ma la contrapposizione sindacale sta diventando rigida e – sotto la regìa della zarina Camusso – le piazze sono in fermento. Il vecchio che avanza ha potere di veto e lo esercita, è un dato di fatto. E sembra che in questa fase dello scontro tutti si allontanino dall’interesse del Paese per ricominciare a innalzare le bandiere del partito. O del gruppo di potere. I segnali sono pessimi, l’irrisione sistematica dell’avversario delegittima ogni confronto. E in piazza gli incontri ravvicinati fra polizia in assetto antisommossa e centri sociali (in attesa prima o poi dei blac bloc) diventano pane quotidiano.

La crisi non passa e la fase della schizofrenia è la più pericolosa, mentre il debito sale come la tensione. Anche i media sono in piena Babele: un giorno tutti indignati per la spesa pubblica e gli sprechi, il giorno successivo tutti preoccupati per gli effetti dei tagli alla spesa pubblica. In questo scenario Napolitano lascia intendere che alla fine del semestre italiano alla guida dell’Europa (vale a dire a gennaio) abdicherà. E Renzi, non più così garantito né dal patto del Nazareno né tantomeno dalla minoranza del Pd, comincia a preparare il piano B, quello che porta alle elezioni in primavera. Storie tese, corda tesa. Vediamo chi riesce nell’impresa suicida di spezzarla per primo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA