Macché piano Marshall

Un salvagente per l’Europa con l’acqua alla gola. Viene battezzato così il mega progetto di Bruxelles presentato la scorsa settimana dal presidente Jean Claude Juncker in persona, che prevede lo stanziamento di 315 miliardi di euro per far ripartire l’economia.

Questo piano Marshall del terzo millennio è stato accolto con una freddezza dagli esperti e non senza ragione. Come sempre non basta contare le cifre, ma è fondamentale verificare quanto le cifre contano.

Mentre negli Stati Uniti, nel 2009 (5 anni prima della nonna europea), la Federal reserve aveva immesso liquidità nel sistema con 819 miliardi freschi, in Europa vige la regola della teoria che vince sulla pratica. Dei 315 miliardi, Juncker ne mette concretamente 16, la banca d’investimenti europea 5 e gli altri 294 dovrebbero essere il frutto di finanziamenti privati molto ipotetici. Insomma, un gioco delle tre carte. Se questo è il sistema per far ripartire l’economia europea siamo rovinati. Con un’aggravante, ogni nazione ha il dovere di incrementare il fondo e una commissione deciderà quali progetti finanziare.

Esempio malizioso: se l’Italia contribuisce per tre miliardi e la commissione non sceglie progetti italiani (o ne sceglie alcuni da finanziare con un miliardo), invece di aver guadagnato lo scivolo per la ripresa abbiamo perso due miliardi.Juncker era stato molto più bravo a far affluire capitali freschi in Lussemburgo, quando era premier, promettendo abbattimenti fiscali. Creare paradisi artificiali a livello europeo è meno semplice.

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