Lider minimo

Il D’Alema-pensiero è logicamente stringente. Se Renzi è il pericolo n. 1 per la democrazia italiana, deve essere fermato con tutti i mezzi, sbianchettato votando i candidati di altri schieramenti o astenendosi sui propri, e votando No nel referendum costituzionale.

Ma che cosa è la democrazia per D’Alema? Per lui, per Berlusconi/Salvini/Meloni, per magistrati e opinionisti alla Scalfari, è quella dei partiti. L’elettore vota, i partiti alleati in coalizioni decidono chi e quanto e come debba governare. Gli elettori sono congedati fino a nuove elezioni. La politica non è cosa per cittadini. Questo sistema ha generato 66 governi, sempre più inconcludenti.

Dagli anni ’80 è stato un crescendo di insorgenze dei cittadini contro un sistema tolemaico, che mette al centro i partiti, mentre gli elettori girano nel vuoto siderale. Oggi l’insorgenza antipartitica – che partiti e opinionisti definiscono in modo autoassolutorio antipolitica - si è coagulata nel M5S. Renzi propone una rivoluzione copernicana, semplice come l’uovo di Colombo: gli elettori devono stare al centro, cioè devono scegliere il governo. Basta coalizioni messe insieme per vincere e impotenti nel governare. Il partito che arriva al 40% ha diritto a 340 eletti su 630. Se sotto il 40%, si va al ballottaggio. Poi, chi vince governa.

Un’intera classe dirigente, abituata da decenni a cavalcare solitaria davanti a milioni di cittadini/elettori, si trova di colpo disarcionata da cavallo. Sul quale ora salgono gli elettori. Ecco il famoso rischio per la democrazia, il nuovo autoritarismo, la grande coalizione del No. Di qui il «machiavellismo alla scottadito», in forza del quale una parte della sinistra si appresta a votare i candidati di M5S o di centrodestra. D’Alema: coerenza eroica o allucinazione finale?

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