Le campane del Papa

«Il cammino della Chiesa è quello della franchezza, dire le cose con libertà». Papa Francesco è imprevedibile e il messaggio diretto al presidente Erdogan sul genocidio degli armeni (cristiani) da parte dei turchi per richiamare l’attenzione del mondo su un altro genocidio in atto (sempre cristiani e sempre in Paesi musulmani) è politicamente dirompente.

Ha fotografato meglio lui la situazione con una frase che l’Onu con anni di ricerche, consigli di sicurezza e ispettori in trasferta col costume da bagno in valigia. «La Ratisbona di Francesco», ha titolato il Foglio cogliendo nel segno. E l’irritazione minacciosa del presidente turco dimostra che quel milione e mezzo di morti continua a pesare forse non sulle coscienze, ma certamente sulla storia e sulla geopolitica di un’area mai pacificata.

Di fronte a tutto ciò il mondo ha reagito in modo curioso. Il Parlamento europeo, svegliato dalle campane del Papa dopo un sonno da Cenerentola, s’è affrettato ad approvare per alzata di mano una risoluzione che riconosce il genocidio, rende omaggio alle vittime e propone una giornata europea del ricordo. Un’adrenalina pazzesca quasi per non mostrare la coda di paglia. Barak Obama s’è allineato alle posizioni accusatorie parlando però di «massacro», dettaglio non ininfluente. E l’Onu? La Cassazione del mondo ha fatto come al solito la peggior figura. Ban Ki-moon si è limitato a sottolineare genericamente dei «crimini». Del resto fu lui, e non se ne vergognò mai, ad affermare che i morti in Darfur erano colpa del surriscaldamento globale.

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